L’anno della fede e gli intellettuali

2014_anno fede e intelettuali

Matteo Candido – anno 2013


Il Centro culturale “Augusto Del Noce” ha cercato di portare il proprio contributo all’Anno della fede appena conclusosi, con alcune iniziative volte a riscoprire la grande tradizione iconografica delle nostre terre, attraverso la quale il popolo cristiano ha espresso la propria devozione e la propria professione cattolica. Sono nate così due mostre: “L’evento della fede nella pittura di Gianfrancesco da Tolmezzo”, che il Centro culturale ha progettato e realizzato per la Parrocchia di San Pietro di Sclavons, e “La bottega del sacro di Tiburzio Donadon: il maestro e Giancarlo Magri, l’ultimo garzone”, come testimonianza di oltre cento anni di arte sacra pordenonese, dagli inizi del Novecento ai giorni nostri. Tali iniziative non esprimono una posizione di fuga dalle difficoltà del presente e un rifugio nella bellezza del passato, perché, come ha detto Paolo VI in occasione della chiusura del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, «il mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde la gioia nel cuore degli uomini, è il frutto prezioso che resiste all’usura del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione». Questo nella coscienza che, come ha scritto il cardinale Joseph Ratzinger, nel messaggio per il Meeting di Rimini del 2002, «l’arte cristiana si trova oggi ( e forse già da sempre) tra due fuochi: deve opporsi al culto del brutto il quale ci dice che ogni altra cosa, ogni bellezza è inganno e solo la rappresentazione di quanto è crudele, basso, volgare, sarebbe la verità e la vera illuminazione della conoscenza. E deve contrastare la bellezza mendace che rende l’uomo più piccolo, anziché renderlo grande e che, proprio per questo, è menzogna. Chi non ha conosciuto la molto citata frase di Dostoevskij: “La bellezza ci salverà?”.

Dimentica però nella maggioranza dei casi di ricordare che Dostoevskij intende qui la bellezza redentrice di Cristo». Non poteva mancare però da parte del Centro culturale una riflessione sul piano filosofico sulla situazione della fede nel nostro tempo, sulla scia di Augusto Del Noce, il cui insegnamento continua ad essere particolarmente utile per comprendere il presente, come testimonia anche il lucido e approfondito contributo di Matteo Candido che qui pubblichiamo. Oggi viviamo un duplice pericolo: da una parte quello di chiuderci nel tradizionalismo e nella condanna del mondo moderno, dall’altra quello di cedere alla mentalità moderna. Si tratta però di una alternativa falsa, perché, come ha scritto recentemente sempre Matteo Candido, «se con il Vaticano II si sono messe in evidenza le realtà umane e terrestri, di cui si lamentava la non adeguata considerazione finora loro riservata nel cristianesimo – ed indubbiamente abusi e deficienze ce ne furono – il contrapporle però a Cristo, o lo staccarle da Lui, è ciò che di più scriteriato si possa fare, avendo e l’umano e il terrestre la forma e la vita solo dal Cristo-Verbo. È inesistente per il cristiano un’umanità che non provenga da Lui o che possa restare genuina se staccata da Lui. E se qualcosa in essa non va è perché gli esseri intelligenti creati in Lui e da Lui se ne sono scostati, introducendo nel creato quel disordine, che inquina l’umano, rendendolo ambiguo e insicuro. L’umano e il terrestre non sono più quello che dovrebbero essere, portano in sé il cancro introdottovi dal Maligno. Rifarsi dunque ad essi, e stare a ciò che vi si trova e esperimenta, senza confrontarlo con il Verbo-Cristo, è mettersi in una prospettiva sfasata, è impostare male l’azione. Tutto l’umano anche quello che non ha incontrato ancora Cristo, deriva dal Verbo, quindi non è nel fondo negativo, ma non può che deteriorarsi per la corruzione originale, se non incontra il Cristo. Il Verbo, incarnatosi in Cristo, è l’unico che ha in sé la forma genuina dell’umanità originale, insieme con la possibilità di ripristinarla in ogni uomo, anche se il ripristino non potrà essere totale, salvo che in Maria. Altre strade e forme di recupero non ce ne sono. O solo in quanto possono inglobarsi in quella di Cristo. Il Cristo è centrale nel cristianesimo, perché è il ‘prolungamento ontologico’ del Verbo, ed avendo in una comunità il suo ‘prolungamento storico’, la Chiesa, questa diviene essa stessa centrale, per gli esseri umani, nella sua unità, nella sua struttura apostolica e sacramentale». Papa Francesco, in occasione della chiusura dell’Anno della fede, ha detto che riconoscere che Cristo è il centro della nostra vita e della storia cambia il nostro cuore e gli ambienti di vita e di lavoro in cui siamo, perché i nostri pensieri, le nostre opere e le nostre parole diventano veramente cristiani. Nel grande affresco dipinto da Gianfrancesco da Tolmezzo per l’abside della chiesa di San Leonardo di Provesano si vede molto bene tutto ciò: Cristo è crocifisso a ai suoi piedi stanno idealmente tutti gli uomini, quasi a vedere se Lui sia veramente quello che ha detto di essere: il Re dell’universo. In quel momento terribile avviene il miracolo della conversione del Buon ladrone. Lì si vede che Cristo è veramente il centro della storia perché cambia il cuore dell’uomo. Il perdono dunque è la nuova cultura che tutti siamo portati a testimoniare nel mondo, come aveva ben compreso il nostro grande Alessandro Manzoni. È questo il vero sugo della storia.

Roberto Castenetto

Presidente del Centro culturale “Augusto Del Noce”