Progetto “Giubileo 2025”
Il Progetto Giubileo 2025 prevede una mostra intitolata Giubilei: il perdono che ridona la vita e la pubblicazione di un volume di saggi sul tema giubilare, nella collana Annali friulani di storia, arte e letteratura.
Il progetto è promosso dal Centro culturale Augusto Del Noce, con il contributo del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia del Comune di Pordenone e della Fondazione Friuli, nonché con la collaborazione di: Museo Diocesano Arte Sacra, del Centro Studi Odoriciani, del Comitato per la Canonizzazione del Beato Marco d’Aviano e di Radio Voce nel Deserto.
Mostra: Giubilei: il perdono che ridona la vita, 7-2o dicembre 2024, Museo Diocesano di Arte Sacra, dal martedì al sabato ore 9.30-12.00
Curatore Danilo Zardin, con la collaborazione di Cecilia De Carli e Michela Valotti (CREA, Università Cattolica del Sacro Cuore).
Allestimento e sezione locale a cura del Centro culturale Augusto Del Noce di Pordenone.
Inaugurazione sabato 7 dicembre, alle ore 10.30, nell’Auditorium Costantini, in Via Revedole 1. Interverranno il curatore Danilo Zardin dell’Università Cattolica di Milano, Renato De Zan, biblista e Giordano Brunettin, nedievista.
La mostra illustra la realtà del Giubileo come tempo che cambia la vita, ripercorrendo la storia dei Giubilei a partire dal Vecchio patto fino alle trasformazioni più recenti, con una adeguata documentazione audiovisiva. Nella sezione locale viene documentata la rete di assistenza ai pellegrini sviluppatasi tra medioevo ed età moderna nella Diocesi di Concordia-Pordenone. La mostra è arricchita da opere d’arte di Edo Janich e Giancarlo Magri.
Informazioni e prenotazione visite guidate gratuite al numero 347.5010120; mail centrodelnoce@gmail.com; sito www.centrodelnoce.it
Mostra Giubilei – Cartolina 15×10 cm (5)
Giubilei. Il perdono che ridona la vita
Mostra pre-giubilare al Museo Diocesano
Il Giubileo sarà aperto ufficialmente il 29 dicembre nella Diocesi di Concordia-Pordenone, ma una mostra allestita nel Museo Diocesano di Arte Sacra, dal 7 al 20 dicembre 2024, ne anticipa i temi. Si tratta di una mostra didattica, allestita l’estate scorsa al Meeting di Rimini e arricchita a Pordenone da alcuni percorsi sui pellegrinaggi dell’età medievale e moderna, nonché da testimonianze sugli ospedali del tempo e da opere d’arte di Giancarlo Magri e Edo Janich. L’iniziativa, sostenuta dal Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, dal Comune di Pordenone e dalla Fondazione Friuli, sarà presentata sabato 7 dicembre, alle ore 10.30, nella Sala Costantini della Curia vescovile, in via Revedole 1, con interventi del Vescovo Mons. Giuseppe Pellegrini, del curatore della mostra Danilo Zardin, del biblista Renato De Zan, e del medievista Giordano Brunettin.
L’intento della mostra, denominata Giubilei. Il perdono che ridona la vita. è quello di far emergere il senso della tradizione giubilare, in un linguaggio rivolto a tutti. L’approccio è in chiave antropologica e vuole far emergere i nuclei esistenziali che sono il presupposto della pratica del pellegrinaggio, che ha nell’evento giubilare un suo culmine. Viene così rievocata sinteticamente la storia ebraica dei giubilei, come tempo periodico di sospensione sabbatica che restaura la verità del rapporto con la terra, i beni materiali e le persone, eredità poi raccolta e sviluppata nel contesto cristiano.
Una svolta decisiva si registra a fine Medioevo, con la promulgazione del primo giubileo papale del 1300, evento che si inserisce nella tradizione storica dei perdoni indulgenziali e spinge a maturo sviluppo la tradizione del pellegrinaggio alle tombe dei due massimi apostoli, con il loro contorno di gesti e pratiche religiose. Superato il momento cruciale di cambiamento segnato dalla frattura della Riforma, che sottopone a dura contestazione la dottrina della grazia e del perdono, la tradizione del giubileo viene rilanciata nel contesto del rinnovamento cattolico della prima età moderna, che ha una delle sue chiavi di volta nella centralità del riferimento a Roma e alla figura del papa, come punto di unità della Chiesa e mediatore supremo dell’accesso al tesoro della salvezza.
L’ultima parte della mostra descrive le trasformazioni più recenti che l’istituto del giubileo ha conosciuto dopo la fine della Cristianità di antico regime, dall’Ottocento in poi, fino agli ultimi giubilei di inizio XXI secolo, anche con una documentazione audiovisiva.
L’esposizione è accompagnata, oltre che da un catalogo specifico, anche da un volume di studi della neonata collana Annali friulani di storia, arte e letteratura, promossa dal Centro culturale Augusto Del Noce e dal Centro Studi Odoriciani, in cui vari autori (Agostini, Castenetto, Del Cont Bernard, Magri, Molteni, Raffin, Sist) si occupano sia della realtà giubilare sia di importanti testimonianze storico-artistiche del territorio, cercando – con beneficio di inventario – di estrarre dal patrimonio ereditato «cose nuove e cose antiche» (Mt. 13, 44-52).
R.C.
Annali Friulani di storia, arte e letteratura, a cura di R. Castenetto, Libreria al Segno Editrice, 2024
DOCUMENTI
Descrizione del viaggio a Roma del cappuccino Giovanni Antonio da Pordenone, 1696/1697
(Archivio Provinciale dei cappuccini Veneti, Mestre, trascrizione provvisoria di Roberto Castenetto e Francesco Perin)
Descrittione
Del viaggio di Roma
che io Fra Gio. Antonio da
Pordenone Sacerdote Capucci-
no col Divino aiuto, son
per fare mediante l’Ubbe-
dienza Santa del nostro
M. R. Padre Generale
Partendomi da Bassano:
andando a Venetia: e di
là alla Santa Casa di
Loreto: poi ad Assisi
et alla fine a
Roma.
– – o – –
Libro Primo
–
Descrittione
del viaggio di
Roma
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Colloquio alla SSma Trinità
Oh Dio dell’Anima mia, Uno in Essenza, e Trino in Persone, Padre, Figliuolo, e Spirito Santo, Voi ben sapete, che non si muove nemeno una foglia d’allore, come dice il Sacro Evangelio, che non sia preordinata e prevista ab initio et ante saecula dalla Masta Vostra Divina per maggior vostra gloria, e per conseguenza per utilità dell’Anime nostre. Quanto maggiormente altre cose, che m’avvengono, e m’accadono di maggiore rilievo e consideratione. Chè pertanto, o mio Dio, capitandomi hor hora questa santa Ubbedienza, inviatami dal nostro M. R. Padre Generale così all’improviso, senza averla procurata, mi fa subito sollevare la mente mia alla consideratione di questa Divina Verità; Che appunto non è stato tanto il medesimo Padre Generale, che habbia me la inviata ex se spontaneamente, quanto ispirato da Dio Benedetto; Perché nella mente sua Divina così già haveva ordinato, e determinato, che in tal tempo io fossi per fare questo santo Viaggio, per visitare li santi Luoghi, tanto della Santa Casa di Loreto, quanto di Assisi, dell’Avernia e d’altri che si ritrovano posti fra mezzo; ma principalmente quelli di Roma, che sono innumerabili. Se dunque tale è il Vostro Divino Volere, io l’abbraccio con somma mia consolazione, allegrezza e contento; Pregando però Vostra Divina Maesta, che vi compiacciate concedermi gratia di bene incominciarlo, di meglio proseguirlo e d’ottimamente perfettionarlo, appunto per maggior honore e gloria della Maesta Vostra Divina: come pure per frutto dell’Anima, et utilità di tutti li viventi, ma in particolare per quelle persone divote, che si sono raccomandate alle mie Orationi: e sopra il tutto per sollievo di quelle povere Anime del Purgatiorio, per le quali desidero e bramo applicare tutto quel poco di bene, che col Divin Aiuto son per fare, non solo in questo santo Viaggio, ma anche tutto il tempo di mia vita, di farlo, dico, per quelle povere, benedette e sante Anime, che stano in quelle attrocissime pene del Purgatorio, aspettando suffraggio et aiuto: Sì per presto sollevarle dalle medesime pene, come pure per bramarle il più presto sia possibile lì eterno riposo del Santo Paradiso. Che così sia, o mio Dio; E velo dimando per l’Amore infinito che vi portate; e per quello, che portate alla Madre SSma Vergine MARIA: come anche a tutta la celeste Compagnia.
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Descrittione
del viaggio di Roma
Fatto da me Fra Gio: Antonio da Pordenone
Sacerdote Cappuccino di giorno in giorno,
incominciando hoggi li 28 Ottobre 1696
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Hoggi appunto li 28 Ottobre col Divino Aiuto ho incominciato il mio santo Viaggio, partendomi da Bassano, son arrivato a Castelfranco; Che pertanto non cesso di lodare, benedire e ringratiare Sua Divina Maesta, della gratia concessami; Subito arrivato al nostro Monasterio li nostri Carissimi Padri e Fratelli m’hanno fatto tanta carità, che d’avantaggio non havrei saputo che desiderare e hamare; Et intendendo, ch’io son per fare questo Santo Viaggio, maggiormente tutti quanti hanno fatto festa et allegrezza, con dispensare il silentio il Padre Guardiano, siamo stati allegramente in Domino: discorrendo di quelle sante Stationi, e d’altre cose profittevoli per l’Anime nostre: Il che maggiormente m’ha innanimato a proseguire il medesimo santo Viaggio. Con tal’occasione son andato a visitare e riverir insieme la R.ma Madre N. Priora del Monaterio di Castelfranco insiame con la M. R. Madre N. sua Dilettissima Sorella; el’una el’altra mie divotissime Madri; Et ivi seco trattenendomi più di due hore (havendo licenza di parlare dall’Illmo Monsignor Nuntio) confabulando insieme non solo di questo nostro santo Viaggio da me abbracciato con loro grand’ammiratione, per esser si avanzato nell’età di 71 anno, con altri discorsi religiosi e spirituali appartenenti al profitto dell’Anime nostre; Io poi non posso descrivere con la mia rozza penna la cordialità et affabilità con la quale queste benedette Madri m’hanno accolto e ricevuto et alla fine presentato d’un special Regallo di bellissimi Agnus Dei, quali mi serviranno mirabilmente per presentare li nostri Benefattori per questo santo Viaggio.
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Per causa delle pioggie non ho potuto partire da Castelfranco solo oggi che sono li 2 di Novembre: E col Divin Aiuto son arrivato a Treviso, non poco stanco sì per le cattive strade, come anche per il viaggio assai londo di 14 miglia. Ma appena entrato nel nostro Monasterio che la stanchezza mi è svanita per la grande accoglienza e carità, che mi hanno fatto quelli que’ benedetti da Dio miei carissimi Padri e Fratelli, rallegrandosi della mia venuta e del Santo Viaggio, che son per fare sin a Roma, augurandomelo dal Cielo, che sia felicissimo e gaudiosissimo: non mando poi di farmi tutte quelle carità mai possibile da farsi e che si usano (per la Divina Gratia) a farsi dalla nostra Religione Cappuccina: cioè, sugandomi molto bene dal sudore la vita con ponermi due sugadori di lino molto ben caldi, uno nella schiena e l’altro al petto; poi lavandomi le piante con acqua calda, e fra tanto da tutti li Padri e Fratelli cantando alternatamente Salmi et Himni in ringratiamento a Dio Benedetto del buon viaggio concessomi, e che per mera sua gratia sarà per concedermi per l’avvenire sino, che col suo Divin Aiuto sarò per arrivare a Roma: fatto questo, assegnandomi la Cella per riposare un poco: e poi conducendomi in Refettorio per reficiarmi, con darmi di quei Cibi migliori che si trovavano havere nel suo povero Monasterio, si ben conditi dalla molta carità del cociniere, che se bene cibi ordinari e di digiuno (come’ appunto al presente habbiamo noi incominciato il santo digiuno dell’Avvento) conforme al nostro povero stato de’ Capuccini; Et in tal maniera è una Carità, e con l’altra, affatto son resasarcito dal lungo e disastroso viaggio.
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Alli 5 del presente Mese mi son partito da Treviso e con felicità, per la Dio gratia, ho fatto il viaggio del tarraio di 10 miglia d’avantaggio che sono appunto da Treviso a Mestre. Quivi arrivato, subito mi son inviato al nostro Monasterio, et immediate visitato la Chiesa (come sempre facciamo noi Cappuccini) e ringratiato Iddio Benedetto di tutti li benefici da Esso ricevuti, ma singolarmente dell’ottimo viaggio fatto: E poi entrato in Monasterio et ivi ricevuto con tutta accoglienza e giovialità da quei benedetti nostri Religiosi la solita et abbondante Carità.
Halli 6 di Novembre son arrivato a Venezia. Quivi mo’ son posto a descrivere la grandissima accoglienza riveuta per la numerosità di Padri e Fratelli, che in questo nostro Monasterio di Venetia habitano: perché almeno sono di Famiglia cento Religiosi: e poi sempre fu ordinario vene sono 28 o 30 de’ forestieri; e tutti quanti lor l’uno hor l’altro, baciandomi la mano, si rallegravano dell’ottimo mio stato e del viaggio, che sono per apprendere in visitare li Luoghi Santi, raccomandandosi tutti alle mie Orationi, con augurarmi un felicissimo andare, come pure un non meno felicissimo ritorno. Qui son stato tre giorni, e con tal occasione maggiormente ho sodisfatto alli più particolari Padri e Fratelli miei carissimi Amici con discorsi vicendevoli cordiali e divoti, derivanti dall’intimo de’ nostri cuori, innanimandosi l’un l’altro al Divin servitio et a sempre via più eseguire la Divina Volontà, in cui sta l’epilogo della vera e perfetta santità.Non ho amcnato in questo tempo andar a ritrovare in Venetia diversi miei Signori Carissimi Amici con darli simil nuova di questo santo Viaggio, quali tutti si hanno sentito somma consolazione, e pregandomi d’averli memori delle mie orationi e sacrificii:massime nella Visita delli Santuari di Loreto, d’Assisi, e di Roma; Ma singolarmente son andato al monasterio di Sta Giustina a visitare e riverire insieme la M. R. Madre N. mia in Christo carissima e divotissima la quale ha havuto somma consolatione l’intendere che son per fare questo santo Viaggio: dicendomi di volermi ancora Essa accompagnare col suo spirito per queste sante Stazioni già ché non mi può con la propria persona, per partecipare pur ancor Essa dei beni, che s’acquistano da quelle Anime che con Sentimento di divotione visitano questi santi Luoghi.
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Da Venetia son partito alli 8 del medesimo mese di Novembre in una Peota per Chioggia: là dove ho havuto occasione di ritrovare il nostro carissimo e divotissimo Padre Mardo d’Aviano, mio Amorosissimo Padre e cordialissimo Amico, col quale ho speso hore intiere in diversi discorsi spirituali ridondanti in maggior gloria di Sua Divina Maesta, e profitto spirituale per l’anime nostre: e siamo andati insieme ad una Chiesa discorsta dalla Città circa un miglio, nella quale sta riposta una Madonna miracolosa, portata da gl’Angeli, e riposta sopra un legno del lido del Mare; Nel qual luoco li Signori Chioggiotti hanno fabbricato una bellissima e molto grande Chiesa in cui stanno riposti migliaia di migliaia di Voti per le grandi gratie e miracoli, che Iddio Benedetto ha fatto a quasi innumerabili Persone di diversi stati e conditioni mediante l’intercessione di quella Madre Santissima: E l’habbiamo visitata, riverita ed adorata con grandissima nostra consolatione, raccomandandoci alla sua Materna Protettione acciocché siamo fatti degni d’essere veri servi del suo Dilettissimo Figliuolo Gesù e d’Essa parimente SS.ma Madre Vergine Maria. Non dico niente poi della cortesissima e divotissima accoglienza con la quale son stato ricevuto in questo Monasterio da tutti cotesti nostri carissimi e divotissimi Religiosi: Basta a dire che siamo tutti noi Capuccini, Fratelli in Cristo e Figliuoli del Nostro Serafico Padre S. Francesco.
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Da Chioggia alli 11 del medeismo mese verso l’Ave Maria della sera m’imbarcai col mio Compagno in una grande Peota et in 16 hore in circa con vento prospero e buonissimo tempo si portossimo a Pesare: là dove andai a riverire quel nostro M. R. Padre Guardiano di quel Monasterio con tutti gli altri Padri e salutare li fratelli; ella perché detta Peota volse subito far vela per portarmi a Sinigaglia, fui sforzato portarmi col medesimo mio compagno alla sodetta Peota, con subito partirmi da quelli buoni e santi Religiosi et in poche hore arrivassimo al porto di Sinigaglia la mattina a buon hora, cioè li 15 dello stesso mese; e subito andai col mio compagno al nostro Monasterio: e fui raccolto da quelli benedetti Padri e Fratelli con la solita carità, amorevolezza, e benignità praticata da tutti noi altri (per la Dio gratia) Capuccini: ivi mi fermai 1 giorno con mia grandissima consolatione, godendo la sua divotissima e cordialissima conversatione; El giorno seguente mi partii col mio compagno et andai ad Ancona a piedi, camminando più di 20 miglia: là dove parimente con tutta cortesia, giovialità et amorevolezza fui ricevuto da quei benedetti e cari Padri e Fratelli, facendomi la carità in tutti i generi perché n’havevo grandissimo bisogno., essendo molto stando da sì lungo viaggio: quivi stetti un giorno et hebbi occasione di vedere, riverire e adorare nel Duomo di quella Città una quantità di Corpi Santi riposti in bellissime Arche di marmo in una Capella sotto terra con mia somma spirituale consolatione e divotione.
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Alli 16 mi partii da Ancona e me n’andai col mio ad Osmo, lungi da Ancona circa 10 miglia, facendo quel viaggio allegramente, per essere buonissime strade e bellissimo tempo: Quivi si ritrova un Monasterio de’ noi altri Capuccini e subito arrivati alla Città andassimo al Monasterio e fussimo accolti da quei benignissimi nostri Padri e Fratelli con tanta benignità e carità che non la posso descrivere: facendoci appunto la carità in tutti li nostri bisogni: per il che sebene eravamo stanchi e molto sudati per causa del viaggio, massime per più di un miglio di salita per andare alla città et al Monasterio nostro, non di meno si ritrovassimo tutti restaurati e sollevati.
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Li 16 del medesimo emse capitai a Loreto: ma avanti che arivassi 4 o 5 miglia lontano vidi la Pupula o Rotondità della Chiesta, nella quale sta situata la Santa Casa di Loreto: subito m’intenerii il cuore, camminando, che ivi sta riposta, portata dagl’Angeli quella Casetta Santa nella quale la Madre Santissima, Vergine Maria col suo amorosissimo Figlio Gesù: el suo Carissimo Sposo Giuseppe il maggior tempo di sua vita hanno habitato: Poi arrivato che fui in Loreto, subito la prima cosa che feci, avanti d’andar al Monasterio, son andato a visitare, riverire quell’Immagine SS.ma in quella Santa Casa: e fatta alquanta Oratione per all’hora mi partii et andai al nostro Monasterio per ricevere la carità in ogni genere di bisogno: Et infatti quelli benedetti e santi Padri e Fratelli havendomi col mio Compagno ricevuto con la sua solita carità subito mi sugarono, mi fecero il lavabo delle piante e mi fecero alquanto riposare, e poi al suo tempo mi reficiarono con cibi da poveri Capuccini, ma molto ben conditi con a bontà d’una vera e perfetta carità. La mattina per tempo avanti l’Aurora, con tutti li Padri e Fratelli del Monasterio insieme e col nostro Compagno son andato nella Chiesa della santa Casa e mi fu concesso gratia di poter celebrare la santa messa all’altare proprio della medesima Immagine della Madre SS.ma Vergine Maria situato nella santa Casa: celebrandola con quella maggior divotione, raccoglimento e spirito sollevato in Dio, che fosse mai possibile: havendo in memoria massime nel memento de’ Vivi, oltre quelli, che assegna la Santa Madre Chiesa, tutti gli huomini e le donne del Mondo, ma in particolare quelli, li quali si sono raccomandati alle mie orationi e sacrifici acciocché mediante li meriti della medesima Madre SS.ma Vergine Maria siano fatti degni d’esser esauditi in tutti li loro bisogni, tanto spirituali, quanto corporali; E nel memento de’ Morti parimente ho pregato conforme l’intentione della Santa Madre Chiesa in universale per tutte l’Anime del Purgatorio, ma in particolare per quelle che mi sono state raccomandate da iei Parenti, Amici e Benefattori e singolarmente per il nostri Padri e Fratelli Capuccini, acciocché mediante i meriti quasi infiniti dalla Santissima Madre Vergine Maria Iddio Benedetto si compiaccia liberarle da quelle atrocissime pene e condurle agli ameni riposi del suo eterno Regno, dico, al santo Paradiso. Fornito la Santa Messa mi ritirai in un cantongino di detta Santa Casa, considerando in particolare il grande, sovrano et ineffabile Misterio dell’Incarnatione dell’Eterno Verbo, fatto Huomo nel purissimo Ventre della Madre SS.ma Vergine Maria: E nel bel principio considerando, anzi mirando co’ proprii occhi quella fenestrella, per la quale l’Angelo Gabriele entrò per annunciare il Misterio altissimo, anzi divino, dell’Incarnazione dell’Ultimo Verbo, Unico Figlio dell’Eterno Padre, desideroso di farsi Huomo per l’amore ardentissimo e infinito che porta senza nesun merito nostro a noi miserabilissimi e indegnissimi huomini et incarnassi nell’immacolatissimo Utero della Santissima Vergine Maria. Considerando dico, dico, che questo sant’Angelo Gabriele se ne venne appunto per questa fenestrella che io co’ propri occhi vedevo in questa santa Casetta: là dove stava (m’imagino) la medesima Vergine SS.ma Maria inginocchione, facendo Oratione: E subito comparso detto Angelo Gabriele, la salutò dicendo: Iddio ti Salvi Maria piena di gratia, il Signore è teco bendetta sei fra tutte le donne; Il che intendendo la SS.ma Vergine Maria, si turbò per tal parlare e considerava qual fosse e da chi desiderava e procedeva tal salutatione. Ma l’Angelo Gabriele osservando tal turbatione della SSma Vergine Maria, le disse; Non temer Maria: perché tu hai ritrovato la gratia appresso il nostro caro Dio. Ecco ch’io ti do questa allegrissima nuova: che tu concepisca nel tuo purissimo et immacolatissimo Ventre e patorirai un figliuolo e lo chiamerai per nome Gesù: e questo sarà grande e si chiamerà Figlio dell’Altissimo; Et il nostro Signor Iddio li darà la sede di David suo Padre; e regnarà nella casa di Giacob in eterno: et il suo regno non haverà mai fine. A queste parole dette dal santo Angelo Gabriele alla SS.ma Vergine Maria, rispose la medesima Vergine dicendo allo stesso Angelo: E come mai può esser questo: perché io non conosco huomo. Al che replicando l’Angelo santo: le disse. Devi sapere, o Maria che il Spirito Santo sopravenirà in Te e la virtù dell’Altissimo ti adombrerà e per tanto quello Figliuolo che da te nascerà- sarà chiamato Santo e Figlio di Dio. Intendendo tutto questo la Vergine Santissima Maria ritiratasi nel suo niente, con profondissima humiltà proferì: Se è così, come dici o Angelo Santo: come pur io certamente lo credo. Eccomi qui il mio caro Dio e Signore, sua umilissima ancella: Sia dunque fatto ciò: Verbum caro factum est hic: cioè in questa Santa Casa, che al presente si trova situata in Loreto L’Eterno Verbo, dico, Figlio dell’Eterno Padre immediate per virtù dello Spirito Santo s’incarnò nel purissimo Utero di questa Vergine SSma Maria. Oh! Dio dell’Anima mia per mera grazia vostra io indegnissimo servo vostrovostro in questa santa casa son stato considerando, meditando e contemplando insieme questo altissimo e divino Misterio in modo tale che ne meno io medesimo, che l’ho col divino aiuto, e considerato e meditato e contemplato, volendolo applicare, non saprei che cosa dire: Perché io son restato in un assorbimento si grande nella contemplazione dell’infinita Carità di un Dio, in farsi Huomo per l’huomo ingrato, indegno e sconoscente; che non sapevo che cosa dire, né proferire: ma solo restare in una continua ammirazione d’un tanto e si infinito amore sin a farsi picciolissimo Bambino per amore mio e di tutto il genere humano, l’Ininito- Dio e nostro amorosissimo Signore. E per la Dio gratia son stato alcune hore in questa sudetta consideratione e contemplatione qusi tutta la mattina, ascoltando nello stesso tempo anco molte messe celebrate in questa Santa Casa; E poi partito dalla medesima col mio Compagno son andato al nostro Monasterio a prendere un poca di refettione corporale; E subito dopo Vespero son ritornato in quel Santuario della medesima Santa Casa, e ritirato in un cantonzino della stessa Casa Santa, considerando, anzi vedendo co’ proprii occhi quella Casettina nella quale la medesima SSma Madre Vergine Maria col suo Dilettissimo Figlio Giesù el suo Carissimo Sposo Giuseppe stanzionavano: E come il medesimo Bambino Giusù stava sempre alestito, preparato e pronto per ubbedire alla sua Amatissima Madre, come pure al suo carissimo Padre Putativo S. Giuseppe; Dicendogli la benederra Madre: o mio dolvissimo Figlio Giesù fa la tal cosa: Et Egli con tutta prontezza, diligenza e perfettione la faceva: S. Giuseppe ancor Esso alle volte gli diceva: aiutami nel fare la tal opera, o mio caro Figlio Giesù, et egli subito prontamente et allegramente l’aiutava. Non si devono però considerare queste o simili parole proferite tanto dalla Madre SS. V. Maria quanto da S. Giuseppe così alla stampa, e senza considerattione alcuna; Perché essi non pronunciavano parola veruna in ogni genere, massime? Quando parlavano col suo Amorosissimo Figlio Giesù che non considerassero insieme chi era quel Bambino al quale Eglino ordinavano tal cose, che facesse; sapendo che tale era la sua volontà et il suo gusto per fare appunto la Volontà del suo Eterno Padre: per la quale dal Ciel in Terra Egli era disceso: come si dichiarò co’ suoi discepoli nel tempo della sua predicazione, quando li disse: Che egli era disceso dal Cielo in Terra non per altro fine se non per fare la Volontà del suo Eterno Padre: Descendi de Coelo, non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem eius, qui misit me, Patris. Oh Dio! Oh! Dio! A tali considerationi di vedere coll’occhio spirituale un Dio Lumanato, esser fatto soggetto alla Madre Santissima Vergine Maria et a S. Giuseppe, come descrive il Sacro Evangelio: che; Erat subditus illis: mi faceva restare sospeso, meravigliato et ammirato, senza che cosa dire, ma solo piangere di dolcezza et consolatione per vedere quanto amore ne ha portato questo nostro Amantissimo Signore, Creatore e Redentore
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Il terzo giorno che arrivato ero in Loreto, ma’ secondo che celebrai la Santa Messa, l’ho celebrata similmente sopra l’Altare della Santa Casa, applicandola in particolare per alcune Madri Monache mie divotissime ma singolarmente per una, che m’ha richiesto questa gratia, pregando Sua Divina Maesta conforme la sua pura e santa intentione: non mancando però nello stesso tempo di congiunger insieme il memento che fa la nostra Santa Madre Chiesa con applicarla per li bisogni della Medesima, del sommo nostro Pontefice, di tutti li Prelati [e di tutti li Principi Cristiani, come pure di tutti li Parenti] Amici, Benefattori, e che son obbligato a pregare: e come desidera e vuole Iddio Benedetto; E non solo il mio Sacrificio, ma tutti li Sacrificii, che non solamente si sacrificano Saggi? , ma anche quelli che si sono sacrificati dall’instituttione del SSmo Sacramento sino al presente, e che si sacrificaranno sino al Giorno del Giudicio; E non solo desidero, che siano sacrificati una sola volta, ma di momento in momento per tutta l’eternità; E parimente desidero, che in mio luoco, come anche in luoco di tutti gli altri Sacerdoti, che sono stati, sono al presente e saranno sin al fin del Mondo, sia, dico, il Nostro Signor Giesù Christo in tutti noi Sacerdoti, che habbia fatto, e che faccia, e che sia per fare questi santi Sacrificii, sì in honore e gloria del suo Eterno Padre, come in beneficio mio e di tutti li nominati di sopra, come pure in sollievo di tutte l’Anime del Purgatorio: ma in particolare per quell’Anime che mi trovo haver obbligationi: e che mi sono raccomandate alle mie Orationi e Sacrificii; E non solo desidero che il medesimo N. S. Giesù Christo lo faccia in me, et in tutti quelli Sacerdoti una sola volta, ma di momento in momento per tutto ‘l giro della sua infinita eternità con quell’altissimo fine che Egli ben sa e che sia di maggior gloria alla Divina Maesta e d’aumento di fratia per tutti noi, e di sollievo a’ tutte quelle povere Anime del Purgatorio. Tale dunque per la Dio gratia, è la mia applicatione, et offerta insieme che desidero fare ogni giorno, quando son fatto degno del mio Caro Dio (benché indegnissimo) di celebrare il sacrosanto Sacrificio della Messa.
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La terza Messa, che mi fu concessa per gratia di celebrare sopra l’Altare previlegiato della Santa Casa di Loreto, è stato il quarto giorno che mi son fermato nel nostro monasterio di Loreto; Ma avanti che ne parli di questa terza, et ultima Messa, che ho celebrato (come ho detto) nella Santa Casa, mi è necessario ritornare un passo indietro, essendomi scordato, come quel giorno, che ho celebrato la seconda Messa nella medesima Santa Casa, per ascoltare altre Messe; come pure per considerare, meditare e contemplare insieme: mirando, dico, co’ proprii miei occhi quel sacro pavimento, sopra ‘l quale non solo la Madre SS.ma Maria e S. Giuseppe hanno per tanti anni camminato, e stanziato, ma ancora il nostro Carissimo e amatissimo Giesù: Et quelle pareti, che con le loro mani santissime hanno toccato tantissime volte: fatto segno (benché indegnissimo) di caminarvi sopra ancor’io: e di toccarle con le mie proprie mani. Oh! Che consolatione è stata la mia! Io non la posso esplicare con parole: perché non sono bene agiustate per dichiarare quel tanto gustai dento ‘l mio cuore, parendomi le hore quasi momenti; E se fosse stato il Divin Volere, mi haverei eletto per sempre mai, di stare in questa Santa Casetta. Fornito le nostre divotioni tornassimo al Monasterio a prendere un poco di refettione e poi immediate ritornassimo verso Vespero alla Santa Casa e subito andassimo dietro l’Altare della medesima Santa Casa: là dove sta situato il santo Caminetto; e postomi ivi in ginocchio e considerando come la Madre SSma Vergine Maria e S. Giuseppe col suo dilettissimo Figlio Giesù quivi si scaldavano quando avevano freddo, e cucinavano quel poco di cibo, che gl’era di che biusogno pur poveramente sostentatisi: Consideravo, dico, come quivi al tempo di prendere la reffettione ordinaria, sopra una piccola zolletta la Madre SSma Vergine Maria riponeva quel poco di cibo, che preparato haveva: e poi chiamava subito il suo dolcissimo Figlio Giesù, el suo Carissimo Sposo Giuseppe, che si compiacessero venire alla mensa; et essi con tutta prontezza se n’andavano e prendevano quel poco di cibo, non tanto per loro sodisfattione, quanto per adempiere la Volontà dell’Eterno Padre: essendo questo ul suo cibo quotidiano in tutte le loro attioni, che in ogni genere, tanto spirituali, quanto corporali, e manuali, andavano di momento in momento praticando. Il qual modo di prendere il cibo insegnò la Madre SSma V. Maria ad un nostro Padre Cappuccino, da me molto bene conosciuto, e praticato, uil quale appunto faceva oratione in questa santa Casa, a tal proposito di cibarsi al suo tempo ordinato dall’ubbedienza santa: disse la medesima Vergine, e Madre SSma a questo buon santo Religioso; Figlio mio caro e divoto, voglio che tu vada allegramente a prendere quel poco di cibo al suo tempo: ma con questo motivo, che tal è la Volontà di Dio; Perché in tal maniera facevamo anche il mio Dilettissimo Figlio Giesù, il mio casissimo Sposo Giuseppe et Io al tempo appunto dell’hora delle refettione. Perché siccome Sua Divina Maesta ha determinato il tempo di far oratione, e di lavorare; cossì parimente ha ordinato quello della refettione, e del riposare. E per tanto un Anima, che da dovero serve er ama il nostro Caro Dio, sta sempre rassegnata alla sua divina volontà; e sempre pratica in tutte le sue attioni di qualsivoglia genere, tanto spirituali, come corporali e manuali di nunc isi nunc il suo Divin Volere; essendo appunto questo il suo vero cibo, incessantemente ella si va nutrendo; Come disse di se il N. Signore Giesù Christo: Meus cibus est facere voluntatem Patris mei qui in Coelis est. Lume, motivo et ammaestramento singolare per fare ancor’io (col Divino Aiuto) sempre la divina Volontà, non solamente in celebrare la Santa Messa, in far Oratione, e la disciplina, come altre cose penali, e di mortificatione: ma anche in mangiare, bere all suo tempo il suo bisogno, e parimente in riposare e dormire. Oh vita beata ancor in questo mondo, a chi la sa fare, e ben praticare con questo altissimo, e divino motivo: cioè, di sempre fare la Volontà di Dio.
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Hor ritorniamo alla terza Messa, c’ho celebrato il quarto giorno entrato che fui in Loreto; La quale ho applicata in particolare per li nostri Benefattori, a’ quali (come dicono le nostre Constitutioni) massime noi altri Religiosi, che viviamo totalmente d’elemosine, noi siamo molto obbligati: non mancando però anche in genere d’applicarla confome li motivi nominati negl’altri giorni, e con lo stesso fine Santissimo e Divino. Perché tanto è grata a Dio Benedetto un’offerta, quanto ella è fatta co’ motivi altissimi e fini divini: E migliori di quelli, ch’io son’ esplicato ne gl’altri giorni (e qui non li ripeto, per non esser troppo prolisso) non se ne possono ritrovare. Per tanto ognuno, massime Sacerdote, dovrebbe prevallersi di sì santi e divini ricordi e motivi di per glorificare Sua Divina Maesta, che merita infiniti honori e glorie: come pure per arricchire di doni, e gratie se medesimo e tutti quelli ancora da esso lui raccomandati a Dio Benedetto: ma singolamente per sollevare quelle povere, ma però benedette e sante Anime del Purgatorio da quelle atrocissime pene, che in quella prigione piena d’ardentissimo fuoco Elle patiscono, acciocché possono subito, esser sollevate e liberate, per poter volare immediatamente agli ameni riposi del santo Paradiso. Fornito la Santa Messa mi ritirai col medesimo mio compagno al mio solito in quella benedetta e santa Casetta dove appunto sta’, situato il santo Caminetto a meditare, considerare e contemplare insieme quelle sante parole proferite da quelle purissime bocche e santissime lingue sì della SSma Madre e Vergine Maria, come anche di S. Giuseppe, ma singolarmente quelle divine parole del nostro Carissimo e Amorosissimo Giesù. Oh che parole erano queste tutte ottime, sante e divine, proferite e parlate da quelle santissime Bocche e Lingue, con una modestia, piacevolezza, affabilità carità e amore, che non solo non si possono esplicate, ma ne meno intendere né capirle: ruminate, dico, ne’ cuori di pieni dell’Amore di Dio, e del desidero della maggior sua gloria come pure del nostro profitto spirituale; che appunto non proferivano minima parola, che attualmente non havessero questi perfettissimi motivi sì della maggior gloria di Sua Divina Maesta come pure d’aiutare il Prossimo, e di beneficiare l’Anime del Purgatorio in tutti li loro santi, e divini discorsi. Motivo ancor a noi di far lo stesso, quando siamo per parlare: con prima sollevare la mente a Dio Bendetto, e fare le nostre proteste, di non voler proferire parola veruna, che non sia per ridondare in maggior gloria di Sua Divina Maesta: e per conseguenza in proprio profitto, e di tutti quelli, che m’ascoltano: come pure per sollievo di quelle povere Anime, che incessantemente gridano ad alta voce: Miseremimi mei misereremimi mei, saltem vos amici mei. Che così facendo appunto sempre parleremo parole in lode di Dio Benedetto, et ivi nostro profitto spirituale. Verso il mezzogiorno col mio Compagno me ne andai al Monasterio per desinare, come appunto facessimo: e subito preso licenza, e la bendettione dal R. S. Guardiano con riverirlo, e rigratiatolo della molta carità fataci in ogni genere: lo stesso feci con tutti gl’altri Padri e Fratelli; e subito si partissimo per andare alla Città di Recanati, tre miglia incirca solamente distante da Loreto; Ma avanti si portassimo, andassimo alla Santa Casa; e ritiratosi in un cantonzino della medesima, Sua Divina Maesta, per mera sua gratia, mi sollevò nella consideratione, meditatione e contemplatione, dell’Oratione Mentale, che sempre facevano, sì la Madre SSma Vergine Maria, come pure S. Giuseppe, ma senza comparatione alcune il nostro Amorosissimo Giesù in questa Sta Casa; mentre qui stavano in vita mortale. Oh Dio! Come stavano sempre assorti, sollevati, e innalzati nella contemplatione delle Divine Grandezze! Oh! Come stavano rassegnati in tutti gl’avventimenti, e accidenti, che gl’occorrevano al Divino Volere! Oh! Come facevano tutte le loro operationi, tanto spirituali, quanto corporali per puro e solo amor di Dio. Li possono ben considerare e contemplare queste sovrane e divine Contemplationi: ma però poco intenderle, e comprenderle: Perché sono sopra la capacità humana, Angelica e anco Serafica, Ma solo Sua Divina Maesta scrutatore dei cuori, le intende e le comprende, esser appunto eminentissime e divine. Solo pregavo, stando in questo raccoglimento, che si compiacesse questa Trinità Terrestre: dico la Madre SSma V. Maria e S. Giuseppe, ma singolarmente in nostro Amorosissimo Giesù, concedermi gratia d’imitarli nel più perfetto modo e maniera sia mai possibile: concedendomi, per sua gratia, che ancor’io non cessi mai di considerare e contemplare l’infinite grandezze del nostro caro Dio: di star rassegnato in tutto, e per tutto al Divino Volere; e di poner in esecutione tutte le mie attioni sì spirituali, come corporali ad maiorem Dei gloriam. Tanto appunto confido in Voi, o Trinità Terrestre; cioè o Dilettissimo Giesù o Madre SSma V. Maria, o Patriarca San Gioseppe, che per gratia vostra il vostro, o mio Casissimo Dio mi sia per concedere: e per ciò mi parto da questa Santa Casa corporalmente conoscendo esser tale la Divina Volontà, conosciuta dall’ubbedienza santa impostami da miei Superiori maggiori: che prosegui il viaggio verso Roma; E per tanto bacciando quel sacro Pavimento, e quelle Sacrate Parieti con le lagrime a gl’occhi mi partii col mio Compagno col corpo, ma con lo Spirito, anima, e cuore: con la memoria, intelletto e volontà, me ne restai in quel Santo Sacrario, in quella Casa Benedetta, in quel Paradiso terrestre, e me inviai verso Reccanati, Città tre miglia in circa, lontana da Loreto. Ma avanti, che mi parta da questa Santa Casa, non voglio mancar di scrivere, come ho veduto, toccato e baciato la sacra scottella, nella quale mangiava la minestra o altro, sì il dolcissimo Giesù come anco la Sua Madre SS.ma Maria e S. Giuseppe: la quale scotella ogni di dopo Vespro da un Signor Canonico o altro Sacerdote in suo luoco, a tutti li Pelegrini si la mostra: e con tale occasione, detto Sacerdote prende le Corone, et altre divotioni e le pone nella medesima scotella (come appunto feci ancor’io con la propria mano, et anco mi fu concesso il poterla baciare) in poche alla volta di tutti quanti li Pelegrini, e toccate con humil riverenza le repigliano e le baciano e si partono consolatissimi, Si vedono parimente due altre simili scottelle nel Armaio, in cui parimente la nominata prima insieme con le due altre riverentemente si ritengono, ma però non si levano del suo luoco, ove stanno riposte, ma solo si mostrano e dal medesimo Sacerdote viene certificati gli Astanti, come ancora quelle due scottelle sono state ritrovate con l’altra nella Santa Casa insieme con un pannicello di lana di color rosso involto e tenuto in un altro Armaio con somma riverenza e divotione da me parimente visto, come pure da ogni uno massime de’ Pellegrini, che desideravano vederlo, E si crede, che sia il Manto che portava la Madre SSma mentre viveva vita mortale. Circa poi la maraviglia della Santa Casa, la quale sta situata in terra senza alcuno fondamento e non ostante, che Essa viene incessantemente premuta e d’una parte e dall’altra, se ne stra ferma et immobile, come s’Ella fosse fondata sopra Purissimi marmi. E benchè sarà forsi più di due milla anni: molto tempo avanti che nascessero S. Gioacchino e S. Anna sua propria Casa: non per questo le manca nemeno una pietra: ma Ella è intatta, come se hora fosse fabricata; il che fa restare fuori di loro medesimi tutti quanti quelli che la mirano e contemplano: massime poi nella consideratione, che essendo detta Casa fabricata in Nazareth, più di due milla miglia lontano da Loreto N. S. Iddio l’hannia trasportata, o con la sua onnipotenza, o per mano de’ suoi Angioli nel sito, in cui Ella sta posta nel gran Duomo di Loreto; Benissimo possiamo dire, che questa fra tutte l’altre Chiese di tutto il mondo è la primiera e principale, essendo stata consacrata da S. Pietro Apostolo, Vicario di Chirsto in terra doppo la morte et assontione in cielo della Madre SSma Vergine Maria: e per tanto potiamo dire: Haec domus Dei: Questa è la casa di Dio. Avanti che mi parta da questa Santa Casa non voglio ancora mancare di dire qualche cosa del grandissimo Tesoro che sta rinchiuso in una grande stanza vicina alla Sacrestia della medesima Santa Casa. Il Tesoro è sì grande: perché si stima che sia impretiabile per esser stato presentato doni inestimabili di tutti li Principi, Regi et Imperatori Christiani di tutto ‘l mondo in ogni genere si di gioia, come di Panni d’oro: come pure d’oro, e d’argento, massime una quantità di lampade che sempre ardono giorno e notte entro et al di fuori della medesima Santa Casa: tutti evidenti segni e dimostrationi, che questa Casa Santa; Est domus Dei.
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Circa le 22 hore col mio compagno mi partii dalla medesima Santa Casa e mi portai alla Città di Reccanati, tre miglia (com’ho detto) distante da Loreto: e subito andassimo al nostro Monasterio, e ricevuti con tutta accoglienza et affabilità si dal R. Padre Guardiano, come pure da tutti li Padri, e Fratelli di questo divotissimo Monasterio, facendone la carità in ogni genere con tutta pontualità; e questo fu alli 21 di Novembre. Alle 22 del medesimo mese si partissimo per andare alla Città di Macerata, 10 miglia in circa distante da Riccanati: là dove arrivati, subito si portassimo al nostro monasterio, che sta situato sopra un bellissimo e fruttifero Colle, che domina buona parte della medesima Città: entrati che fussimo nel Monasterio, immediato quelli benedetti Padri e Fratelli, vedendoci molto stanchi dal viaggio, ne fecero perfettamente la carità in tutto quello che havevamo de bisogno. El giorno seguente, cioè li 23 del corrente, s’incaminassimo alla Città di Tolentino: 10 miglia discosta da Macerata; Et avanti d’andare al nostro Monasterio andassimo a visitare, riverire et adorare le sante Reliquie di S. Nicola appunto da Tolentino, le quali stanno honorevolmente collocato in una bellissima Capella nella Chiesa della Padri Agostiniani, circondate da innumerabili voti, per le molte gratie e miracoli impetrati da moltissime Persone di varie sorti di gente, raccomandatesi a questo gran Santo glorioso e miracoloso. Poi s’incamminassimo verso ‘l nostro Monasterio, avanti di entrar dentro, entrassimo in Chiesa (come sempre faciamo noi altri Capuccini, quando arriviamo al Monasterio in tempo di viaggio) ad adorare il SSmo Sacramento, e ringratiarlo sì del buon viaggio, come di tutti gli beneficii per mera sua gratia, e bontà fattici: e poi subito entrassimo in Monasterio ricevuti da quelli benedetti nostri Religiosi con tanta giovialità e dimostratione d’affetti, che pareva fossimo stati gl’anni insieme, e che tutti fossimo nati d’una stessa Madre; Il che ne porgeva occasione benché molto stanchi e strachi, subito con tali cordiali dimostrationi ne andasse via subito la stanchezza; Non mancando però anche con li fatti di farci la carità compita, come usano, per la Dio gratia, li nostri Padri, massime nel tempo che arrivano da viaggi li poveri Forestieri: così ancor questi la fecero a noi in tutto quello che havevamo de bisogno.
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Il giorno seguente, che fu li 24 di Novembre, si partissimo dalla città di Tolentino e s’incamminassimo verso la Città di Camerino, circa 12 miglia distante; ma verso le 22 hore si levò un tempo si cattivo con lampi e tuoni incominciando a tempestare, che per salvarci ne fece de bisogno salvarci sotto una grotta, non essendo ivi casa alcuna per mezz’hora incirca sino che si fermò la tempesta: Poi seguitassimo la strada per andar al nostro Monasterio che mancava più d’un miglio d’ascesa: et appena partiti da quella grotta, che incominciò a piovere molto bene, accompagnandoci la pioggia sino al Monasterio: e per causa di questa pioggia si dileguò la tempesta in acqua aggiacciata che arrivati al Monasterio, e tutti bagnati e giacciati insieme, massimi le piedi verso le 24 hore; quelli benedetti santi Padri e Fratelli n’accolsero con tutta carità, che non si poteva desiderare d’avantaggio: compatendoci grandemente, per vederci tanto bagnati, come pure aggiacciati; facendo subito un buon fuoco per scaldare e sugare insieme: come parimente ne’ fecero tutti quegl’atti caritativi in ogni genere, come veramente ricercava il nostro grandissimo de bisogno. Questo Monasterio è il primo, che hanno fabricato li nostri primi Religiosi Capuccini, nel bel principio della nostra Riforma, fabricato si poveramente, che veramente tanto la Chiesta, Choro, Sacristia: come pure il Monasterio; cioè le celle, con tutte gl’altre officine. Ogni casa picciolissima, che il tutto rende divotione, et amiratione insieme; Nostro Signore s’ha compiaciuto, che si fermiamo qui in questo Sacro Chiostro tre giorni per li cattivi tempi, e di neve e di pioggia, che ne’ sodetti giorni ne venero in grande quantità: e così maggiormente hebbi campo di godere quella tanto da me amata e stimata povertà, e solitudine, per esser lontano questo Monasterio dalla Cittàm di Camerino due buoni miglia alla falda d’un monte, veramente preparata da Sua Divina Maesta molto a proposito per impiantare il primo fondamento della nostra Serafica Riforma Capuccina; Che per tanto io molto volentieri mi sarei elletto questo poverissimo Loco per mia habitatione tutto’l tempo, che sono per dimorare in questa vita mortale. Dopo li tre giorni, che dimorassimo in questo sacro e santo Romitorio, cioè li 27 del Corrente verso le 21 hore, benché v’era quattro dita di neve in terra, partossimo alla Città di Camerino, nella quale sta situato un nostro Hospitio , ma vanti andassimo alla chiesa di S. Venantio a visitate, riverire le sue sante Reliquie: e ne fu mostrato quella pietra, sopra la quale, io credo che fu decapitato, li segni delle ginocchia concavi con alcune linie di sangue, con qualtità di voti appesi intorno la sua Capella, qual sta ripostato sotto l’Altar maggiore di detta Chiesa: Fra tutte le gratie e miracoli che ha fatto, e giornalmente va facendo, è quello delle Medaglie benedette che hanno l’impronto, e l’effigie di questo Santo Martire; Perché chi le porta adosso con fede e divotione preservano falle cadute precipitii: come io l’ho sperimentato infatti cascando da un’altezza assai sopra sassi, che per tal cascata dovevo o rompermi il collo, o almeno fracassarmi gl’arti, e totalmente rovinarmi: e pure per la Dio gratia, e per li meriti, et intercessione di questo Gloriosissimo Santo, trovandomi haver adosso una delle sue sante Medaglie, non mi fece niente di male, come si fossi cascato sopra un morbido e tenero letto. Mirabilis Deus in Sanctis suis. Poi andassimo al nostro hospitio, per fermarsi quella notte, con pensiero la mattina seguente di seguitare il nostro viaggio: ma per causa, che il giorno appunto seguente fu una nebia si densa, che non si vedeva 10 passi l’uno distante dall’altro, come pure l’istesso il secondo: e per ciò ne fu de bisogno queste due giornate fermarsi all’Hospitio; e il 30 del medesimo mese s’incamminassimo verso Serravalle: là dove per non esser il nostro Monasterio, ne fe’ de bisogno alloggiare nell’Hosteria della Posta da una Signora Hoste, che si chiama la Signora Silveria; Questa Signora, e tutti quelli della sua casa ne ricevettero, come se fussimo suoi cari Fratelli, facendoci la carità in tutti li nostri bisogni abbondantemente. E la mattina seguente, che fu il primo di dicembre doppo celebrato la santa Messa (benché detta Signora Silveria ne pregò, che ivi si fermassimo almeno quel giorno / se n’andassimo alle Case Nove: là dove, per non essere ne men quivi Monasterio nostro de’ Capuccini, ne fu di mestieri prender l’alloggio nell’Hostaria appunto ancor questa della Posta: et entrati dentro ci venne incontro il Signor Hoste, dimostrando tant’allegrezza per la nostra venuta, tendendola in gran gratia (per quanto Egli disse) che li Padri Capuccini si degnano di venire ad allogiare in Casa sua; ne fece poi la carità perfettamente in tutti li bisogni che si trovavimo havere. E fermati quivi la notte, subito il giorno seguente, cioè li 2 Dicembre, che era domenica celbrai la santa Messa con gran concorso di gente per essere festa: E poi facessimo una buona collatione, servendoci per desinare, s’inviassimo alla volta di Foligni 30 miglia distante in circa da Camerino: quivi, col divin aiuto arrivassimo al nostro Monasterio, frabricato sopra un bellissimo et alto Colle, nel quale si vede e domina diverse Città; la prima delle quali è appunto Foligni, la seconda Spero, la terza Assisi, La quarta Perugia: queste da una parte: Dall’altra parte, la priuma Trevi, la seconda Spoletti, la terza Monte Faleo; con molt’altre Terre e Castelli: Che confesso che niun’altro luoco ho visto una così bella vista; Circondate poi tutte quelle Città, Terre e Castelli da amenissimi Colli piedi di vigne, Olivi et altri buonissimi fruttari, che solamente a vederli, rallegrano tutti li Passaggieri, ma maggiormente li Terrieri: E questa Habitatione si chiama la Valle di Spoletti più di 30 miglia lunga e 10 larga: veramente si può nominare il Paradiso Terrestre.
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Dal nostro Monasterio di Folini col mio compagno li 4 del corrente mi portai a Trevi, là dove sopra una Collina Bellissima sta fabricato il nostro Monasterio, distante da Foligni circa 8 miglia; e perché quel giorno era un buon Sole nell’ascendere quel Monticello, dusai molto bene: ma però arrivato al Monasterio quelli bendetti e caritativi Padri e Fratelli, osservando il gran bisogno, m’assugarono benissimo, con farmi anche la carità in tutti gli altri miei bisogni, e lo stesso fecero anche al mio Compagno. In questo Monasterio si fermassimo due giorni per causa di pioggia: et alli 7 del corrente si partissimo et andassimo a Spoletti bellissima et antichissima Città, situata alla fine della Valle si amena da me descritta di sopra, sopra la costa d’un colle: el nostro Monasterio sta situato di sopra detta città in un bellissimo luoco, che domina quasi tutta la Città, arrivato che fui col mio compagno al Monasterio, ero molto straco e stanco, si per il viagio di 12 miglia in circa, come pure per l’ascesa molto alta per andare al Monasterio; n’havevo perciò molto bisogno in tutti li generi di carità; che del certo quelli benedetti Padri non mancarono con tutta pontualità di fare tanto al mio Compagno, quanto a me la dovuta perfetta carità. Quivi per li cattivi tempi di moltissime pioggie si fermassimo tre giorni, nel qual tempo hebbi una grandissima consolatione: cioè la notte venendo il giorno decimo del presente mese di Decembre, fra le hore 9 e 10 della medesima notte, mentre mi ritrovavo in Choro con gli Padri e Fratelli, doppo cantanto Mattutino, a far l’oratione Mentale, sentii il mormorio del suono di tutte le campane della Città, et anche della nostra de’ Cappuccini, con una quantità di sbari, che mi fecero tutto intenerisse il cuore; et adimandando che cosa fosse quella novità, mi disse uno di quei Padri: che in tal hora già tanti centenari d’anni sono, che la Santa Casa si trasportò a Loreto: E che peranto ogn’anno per tutta la Marca Anconitana et anco molti Luochi della Romagna in tal’ hora, che la detta Santa Casa se ne venne e sene posò, dove paunto si ritrova, in Loreto, fanno questa commemoratione di sonare tutte le campane e quantità di diversi sbari; che per essere in tempo di notte, maggiormente d’intenerire il cuore e si riempie l’anima el spirito di divotione. La mattian seguente, che appunto fu di dieci del corrente il nostro R. S. Guardiano fece nella Chiesa Cattedrale la predica della Santa Casa, alla quale fui ancor’io, e mi paicque sommamente, sentendo la descrittione come e quando Ella si partì da Nazarethe, e’ se ne venne primamente in Schiavonia, stando ivi tre anni: e poi si trasportò, com’ho detto in Loreto, che passarono più di 400 anni; con altri bellissimi riflessi, degni d’esser uditi da tutti li Christiani di tutto ‘l Mondo: che certo mi fecero piangere di tenerezza e divotione. Il giorno seguente che fu li 11 del medesimo andassimo a Terni, Città distante da Spoletti, circa 16 miglia: arrivati che fussimo alla città, e poi al nostro Monasterio, che sta posto di là della medesima Città a pié siamo, verso le 23 hore, molto strachi; quelli Padri, e Fratelli impastati di carità, e bontà, subito ricevuti, con dimostratione affettuosissima e cordialissima ne’ fecero la carità totalmente comp*ita in tutto quello, che noi havevamo di bisogno. Il giorno restassimo a Terni, e l’altro, che fu li 13 si incamminassimo a Narni, 6 o 7 miglia distante: il nostro Monasterio sta situato sopra un’alta Collina mezzo miglio buono d’altezza, che mi fece sudare molto bene, avanti ch’arrivassi al sodetto Monasterio; ma la grande carità, di quelli divotissimi e cordialissimi Padre e Fratelli mi sugarono benissimo, con farmi anche tutte le carità, che si ricervava al mio, come del compagno, bisogno. Il primo giorno seguente per il cattivo tempo e per la cordialissima conversatione di quelli bendetti Religiosi ivi si fermassimo. E poi il giorno seguente; cioè li 15 del medesimo mese s’incaminassimo a Tivoli: là dove, per non essere Monasterio nostro, ne fece di bisogno fermarci nell’Hosteria della Posta, invi stati da quella Signora Hosta con molta dimostratione d’affetto, e di divotione, facendoci la carità compita non solo quella sera, ma anche il giorno seguente, per esser necessitati ivi fermarci per le gran pioggie; E poi si partissimo il giorno seguente, che fu li 17 per andar a Civittà Castellana, che sono circa 12 miglia da Tivoli alla medesima Città Castella; ma avanti che arrivassimo al nostro Monasterio, che sta situato in una boscaglia circa un miglio fuori dalla Città, molto bene si bagnassimo per tre miglia avanti d’andare al medesimo Monasterio, caminando per boschetti con timore sempre di perderci, per non sapere la strada con vento, e pigogia: tuttavia, col Divin Aiuto, arrivassimo al monasterio benissimo senza punto fallare la strada verso Compieta; et entrati in Monasterio, ricevuti con tanta benignità, e cordialità da quelli Carissimi Padri e Fratelli, e cedendoci si mal acconci e tutit bagnati; la prima cosa impicciavano un buon fuoco si per scaldarci, come per asciugarci: con farci poi tutte quelle carità delle quali veramente n’havevamo molto de bisogno; Quivi parimente si fermassimo il giorno seguente per causa del cattivo tempo: e poi il giorno avvenire, che li 19 s’incamminassimo verso Revignano 8 miglia e più distante dal nostro Monasterio di Civittà Castella: e perché quivi non v’è Monasterio nostro, R. Padre Guardiano di Civittà Castella ne insegnò d’andar ad alloggiare da una tale Signora Romana, molto divota, et amorevole di tutti noi poveri Capuccini; Appunto hieri sera siamo arrivati qui al Palazzo di quella Signora, tanto nostra amorevole, e divota; ma habbiamo ritrovato, che questa mattina in un Calesso sia andata a Roma: così dettoci dal suo Gastaldo, il quale però non ostante che la sua padrona non fosse, egli cortesemente ci accolse, e c’introdusse in Palazzo facendoci un buon fuoco e poi preparandoci da desinare di quello che si ritrovava havere con grande dimostratione di prontezza e carità; Poi fatte le nostre divottioni si ritirassimo a riposare; In questa notte poi è venuta tanta neve che non solo s’habbiamo potuto partire, ma ne meno andar a celebrare la santa Messa in una chiesa poco distante dal medesimo Palazzo, in cui si troviamo per la gran quantità di neve venuta, e che continuamente se ne viene. Mottivo a me di stare quivi in una camera ritirato a considerare, meditare e contemplare insieme il santo Viaggio che in tal tempo la SSma Madre Vergine Maria e S. Giuseppe sua Carissimo Sposo fecero da Nazareth sino a Betlemme.
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Io credo, che in tale giorno; cioè alli 21 di Decembre, la Madre SS.ma Vergine Maria col suo Carissimo Sposo S. Gioseppe si partisse da Nazareth per andar a Betlemme. per esser distante Nazareth da Betlemme più di 70 miglia. Mi vado figurando, dico, che in tal tempo (per esser d’inverno) o che nevegasse o che ventasse, tempo appunto ordinario d’inverno: o almeno grandissimo freddo. Ma la Madre SS.ma Vergine Maria, el suo Carissimo Sposo S. Gioseppe tutti rassegnati al Divin Volere, altro tempo non volevano, se non quello ordinato da Dio Benedetto per maggior sua gloria- e per conseguenza per merito dell’Anime loro. E per tanto io vado considerando, meditando, e contemplando insieme, che nel bel principio di questo suo santo Viaggio questi due SSmi Sposti sollevassero le menti loro in Sua Divina Maesta con fare le sue proteste di voler fare questo viaggio, come pure qualsivoglia altra cosa, non per altro fine, ne per altro mottivo che per adempiere la Sua Divina Volontà ad initio et ante saecula orinata e stabilita a maggior sua gloria. E per tanto andavano dicendo per la strada e l’una e l’altro. Oh Dio dell’Anime nostre! Oh Signore e Curatore nostro” Voi siete quello che m’havete ordinato, che facciamo questo viaggio; e noi molto volentieri l’habbiamo abbraccaito, e già l’habbiamo incomincaito, per appunto adempiere la vostra Divina Volontà a maggior gloria vostra senza verun’altro fine, od interesse, ne corporale, ne men spirituale. Li, si dunque adempiassi questa vostra Divina Volontà, essendo questi il nostro gusto, el nostro volere: e non solo nell’adempiere questo viaggio: ma in ogni tempo, in ogni luogo, et in qualsivoglia nostra attione, che di momento in momento saremo per fare per tutto ‘l giro della vostra Eternità. Tali, o simili parole andavano dicendo questi Santissimi Sposi, incamminandosi l’un l’altro a seguitare l’incominciato viaggio: benché fossero per avventura le strade coperte di neve o di giazzo, o di fango: benché fossi il tempo horrido per la stagione hiernale; che al presente corre; nondimeno Ellino con grandissima allegrezza e prontezza andavano cantando le divine laudi, e godendo ne’ patimenti per amore del suo Amorosissimo Signore. Vero e unico motivo a me d’imitare l’esempio di questi suo SSmi Maestri, che m’insegnano la dritta strada di camminare non per altra, che per quella dell’Amor di Dio: e dell’esecutione della sua Divina Volontà, come pure, per la Dio gratia, altro non desidero, e bramo di ponere in pratica di nunc in nunc per tutta l’eternità.
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Il secondo giorno del santo viaggio, che la Madre SSma Vergine Maria col suo carissimo Sposo S. Giuseppe, io credo, che fu alli 22 del corrente: come appunto in tale giorno ancor mi trovo in Regnano nel medesimo Palazzo di quella Signora Romana, impegnato e sequestrato dalla neve e da’ venti, non potendomi di qui partire. Che pertanto ritiratomi in camera, e sollevata la mia mente in Dio: il medesimo nostro caro Iddio per mera sua bontà m’ha concesso gratia di considerare, meditare e contemplare insieme: come in tal giorno la medesima Madre Santissimo Vergine Maria, el Patriarca S. Gioseppe, di lei suo Carissimo Sposo, seguitando il loro viaggio verso Bettelemme: detta SSma Madre e Vergine insieme andava considerando l’infinita Bontà, Carità et Amore dell’Eterno Padre in essersi degnato e compiaciuto di volere, che l’Eterno Padre in essersi degnato e compiaciuto di volere, che l’Eterno suo Figlio, quale dal medesimo Eterno Padre è stato sempre generato, e sempre ‘l genera e sempre lo genererà di momento in momento per tutta l’eternità nel suo Seno infinito; Si habbia contentato anche d’incarnarlo, come huomo nel suo purissimo e immacolatissimo Ventre: Gratia in singolare, dono si inaudito e beneficio si infinito, che maggiore il medesimo Eterno Padre non ne può fare. Che pertanto la Madre SSma Vergine Maria non cessava, e con la bocca e con la lingua, ma maggiormente col cuore, col suo spirito et Anima di lodare, benedire, e ringratiare l’Eterno padre: dicendo tali o simili parole. Oh Eterno Padre, Creatore del Cielo e della Terra, che per mera gratia vostra m’havete creata ad imagine e similitudine vostra: eccomi qui vostra humilissima serva e indegnissima vostra Figlia, vi ringratio dell’innumerabili beneficii ricevuti dalla vostra liberalissima Divina Mano: ma singolarmente di questo inestimabile d’havermi per mera gratia e bontà voglia eletta e fatta Madre del vostro Unigenito Eterno Figlio, con incarnarlo nel mio purissimo e immacolatissimo Utero. Vorrei per questo, e per tutti gl’altri doni, gratia, e beneficii ricevuti, e che sono per ricevere per tutta l’eternità dalla vostra amorosissima bontà e carità, non solo con la mia lingua benedirvi, lodarvi e ringratiarvi: ma con tutte le lingue de gli huomini, e del’Angioli insieme, ma che fossero tutte lingue deificate; e non solamente una sol volta, ma di momento in momento per tutta l’eternità; E lo stesso desidero e bramo, si adempirà ciò tale altissimo motivo, e divin fine, in tutte l’altre sodette Creature, lodato e ringratiato o Amorosissimo Eterno Padre.
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Alli 23, del medesimo mese si partissimo da Regnano, et andassimo ad Arignano 10 miglia incirca distante da Regnano, caminando buona parte del viaggio per la neve aggiazziata con considerare, meditare e contemplare insieme il viaggio, che anche in tal tempo La Madre SSma V. Maria col suo Carissimo Sposo S. Gioseppe, seguitava per portarmi a Bettelemme, patendo del certo, e freddo, e stanchezza et altre necessità, che come poveri necessitati a patire. Ma quel Divin Bambino che la Madre Santissima rinchiudeva nel suo Utero Verginale, era quello, che le faceva allegerire la stanchezza, fatiche e patimenti; Massime nella consideratione, che Ella faceva, in sapere del certo, che teneva nel medesimo suo immacolatissimo Ventre quell’Eterno Figlio; che come canta la Santa Nostra Madre Chiesa. Quem Coeli capere non poterant, tuo gremio contulisti. A questo altissimo e divino riflesso, la sodetta Madre e Vergine SSma, non mancava per questo suo santo Viaggio di stare con la mente sua sempre sollevata nella consideratione di si alto, ammirabile et ineffabile misterio, dicendo tali, o simili parole più col cuore che con la bocca. Oh Eterno Figlio, oh Figlio dell’Eterno padre da Lui senza mai principio generato, e generante senza mai fine, v’habbiate compiaciuto abbassarvi si humile, si povero e si abbietto, con volervi e incarnarvi in questa vilissima conca del mio purissimo Utero: Quali lodi, quali benedittioni, e quali ringratiamenti devo per solevare alla Divina Maesta Vostra per si incompatibile beneficio, dono e gratia: Lodavisi pure, benedicasi, e ringratiavisi per sempre mai di momento in momento per tutto il giro dell’Eternità questa mia lingua, con tutte le lingue humane, Angeliche, Serafiche insieme, con desiderio e brama che tutte si trasforimino in lingue Divine, per appunto degnamente lodarvi, benedirvi, e ringratiarvi. Si, si o mio Amorosissimo e Dilettissimo Figlio, che qui rinchiuso in questo mio immacolatissimo Ventre vi ritrovate. Voi benissimo conoscete e saete che tuto questo che io vi dico, ve lo dico con l’intimo del mio cuore; e per puro e solo amore che vi porto.
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Alli 24 del medesimo mese partendomi da Arignano col mio compagno si incaminassimo verso la Santa Città di Roma: che sono circa 14 miglia: e si vede benissimo anco si lontano in particolare la grande quantità di Campanili e gran Palazzi, ma sopra ‘l tutto il grandissimo Tempio di S. Pietro. Nell’entrare in questa città santa, non possi far di meno d’intenerirmi e piangere di dolcezza e di divotione, considerando, come quella terra già stata sparsa, et insupata con tanto pretioso Sangue de’ innumerabili Martiti, che millioni de millioni da varii Tiranni furono martirizzati. Arrivato che fui col medesimo nostro Compagno al nostro Monasterio, che sta situato vicino al grandissimo Palazzo di Monte Cavallo, dove abita al presente Sua Santità; Questo Monasterio è il più grande, che sia in tutta la nsotra Religione Capuccina: Si perché stanno ordinariamente 250 religiosi, Et in tempo del Capitolo Generale vi saranno più di 500: e tutti quanti hanno la sua cella; si anche perché è stato fatto edificare dal Sommo Pontefice Urbano VIII quale hebbe un suo Fratello Cappuccino che anche fu creato Cardinale e si chiamava il Cardinale Sant’Onofrio: e per l’affetto che portava Sua Santità al Fratello: e divotione a’ Capuccini, ordinò che si edificasse questo si grande Convento per appunto dimorassero a lodare, benedire e ringratiare Sua Divina Maesta si quantità di Religiosi, Arrivati che fussimo al Monasterio, fossimo anco raccolti affettuosamente da quei buoni e santi Religiosi, facendosi tutta la carità possibile in ogni nostro bisogno. Io doppo haver pranzato, mi ritirai in Cella per alquanto riposare; per essere poi pronto a comparire al Mattutino e poi alla Santa Messa, che si celebra a mezza notte appunto la SSma Notte di Natale. Così feci. Perché son levato alquanto avanti matutino e Nostro Signor Iddio mi illumina a considerare meditare e contemplare insieme: come pure istesso giorno del 24 di Decembre verso la sera la Madre SSma Vergine Maria, el Pariarca S. Gioseppe di Lei carissimo Sposo arrivarono a Bettelemme: e non trovando alloggio quivi, li fece de bisogno di li partire et andare in una Capanna o Stalla d0animali per ricoverarsi, essendo già fatta notte. Et essendo dunque la medesima Madre SSma Vergine Maria col suo Carissimo Sposo S. Giuseppe entrata in quella Stalla subito si pose a far oratione, considerando la spetialissima gratia concessale dallo Spirito Santo, in degnarsi eleggerla per sua Amatissima Sposa: Con tutta l’umiltà, e somissione proruppe verso il medesimo Spirito Santo tali o simili parole: (Segue una Orazione allo Spirito Santo)
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Avicinandosi la mezza notte delli 25 di Decembre, il medesimo Spirito Santo, Sposo diletissimo della Madre Santissima Vergine Maria innalzò il suo Spirito e l’Anima sua sopra tutti li Cieli e sopra tutti li Chori de gl’Angeli, e Serafini ancora, trasportandola fino all’altissimo e sublimissimo Trono della Trinità SSma; Facendole vedere (come si crede) con lume e chiarezza ammirabile come Esso Suo Divino Sposo, e l’Eterno Padre, e l’Eterno Figlio sono un Dio solo, in Tre Persone; D’avantaggio le fece conoscere e vedere chiaramente, come l’Eterno padre mirando e contemplando se Medesimo senza mai principio ha generato, et hora genera, e senza mai fine genererà l’Eterno suo Figlio per tuto il giro della sua infinità Eternità; E che ambidue queste Persone Divine: cioè l’Eterno Padre, e l’Eterno Figlio amandosi insieme l’un l’altro senza intermissione ne meno d’un momento, ma sempre incessantemente per tutta l’Eternità , tanto ante, quanto post: cioè, senza mai principio, e senza mai fine, da Esse Loro due Divine Persone, Padre e Figliuolo procede la Terza Divina Persona dello Spirito Santo compimenti perfetti della SSma Trinità: cioè il Nostro Dio il nostro Signore, il nostro Creatore; Nel cui assorbimento et ammiratione restò l’Anima el Spirito della Madre SSma Vergine Maria tutta fuori di se medesima, non sapendo che dire, se non con tutta humiltà, e somissione ammirare e contemplare quell’infinita Essenza, Grandezza, e Maestà del Creatore di tutte le Creature si del Cielo come della Terra e decantare insieme con tutti li Spiriti quel Divin (…), incessantemente decantato a laude, honore, e gloria della medesima Divina Maesta; cioè: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus Sabaoth, pleni sunt Coeli et Terra maiestate Tua etc… . E mentre questa Benedetissima e Santissima Madre Maria si trovava collo Spirito et Anima in quella sovrana Gerusalemme del santo Paradiso a decantare alla Divina Maesta queste eccellentissime laudi. Ecco che il Bambino Gesù uscito dal suo purissimo Ventre senza intaco alcuno della sua Virginità, colocato in terra sopra un poco di paglia o di strame ignudo, piangendo di freddo, sveglia, come da un sonno la Madre SSma Vergina Meria la quale vedendo il Divin Pargoletto il suo dilettissimo Figliolino già nato del suo Verginale et immacolatissimo Utero in terra conrricato sopra un poco di paglia o strame che fosse, restò tutta fuori di se stessa, e s’intenerirono tutte le sue viscere di compassione, vedendo, appena nato, tanto patire; E sapendo del certo, che quel bambinello, che vedeva in terra, non solo era suo Figliuolo, ma Figlio anche dell’Eterno Padre, che sta in Cielo, e nell’universo tutto, simile al medesimo Eterno Padre in ogni genere di perfettione, di grandezza e di santità: E non di meno lo vedeva si piccolo Bambino, patendo dolori acerbissimi, e suportando estrema povertà. Oh oh! Quanto detta SSma Madre Vergine Maria si stringeva nel petto, ammirando l’infinito amore, ch’Egli ha portato al Genere Humano e singolarmente ad Essa con eleggerla sua carissima e Dilettissima Madre, non ostante (come Ella stimava) esser molte Donne più degne, più perfette e più sante d’Essa Lei nel mondo, per esser fatta Madre d’un Dio: e pure il medesimo Dio e Figlio suo ancora s’ha compiaciuto eleggere Ella per mesa sua gratia, a si sublime dignità, d’esser Madre appunto di Dio. A tali riflessi e cognitioni maggiormente la medesima Madre Vergine SSma e si humiliava e restava fuori di se stessa: e tutto ciò era causa che il Bambino Giesù maggiormente pativa, restando così nudo in terra. Alla fine, quando Dio volse, con ogni somissione, e riverenza adorandolo come suo vero Dio, Signore, Creatore e Redentore: e poi prendendolo come suo Dilettissimo et Amatissimo Figlio, se lo pose nel suo purissimo Grembo, e per havere già preparati li pannicelli di lino, come di lana, con tutta modestia, riverentia e divotione l’involse ne’ medesimi: e poi per achetarlo dal piangere dal piangere, prendendo una delle sue candidissime Mamelle, la pose alla bocchina del Divin Pargoletto; et Egli suchiando il dolcissimo latte, preparatole dal medesimo Divin Bambino, subito si acchettò e cessò di piangere; E ricevuto ch’ebbe il suo bisogno parcamemte. Si rivolse coi suoi lucidissimi divini occhi verso gli occhi modestissimi della sua Carissima Madre, mirandola con faccia allegra e bocca ridente con segni di giovialità dimostrava di ringratiarla della carità fattagli tanto in rivolgerlo ne’ pannicelli, quanto in haverli somministrato il dolcissimo latte. Oh Dio, oh Dio! Qui ogni Anima Christiana che ben considera, medita e contempla quest’ineffabile e Divino Misterio del Sacrosanto Natale del N. S. Giesù Christo è impossibile che non s’intenerisca e non pianga di dolcezza e di compassione insieme in considerare, meditare e contemplare, a che termine et a che stato è arrivato l’Amor di Dio verso l’huomo, Et io, che appunto son huomo, fosse dir con verità, che tutto ciò ha fatto Iddio per Amor mio. Oh, oh Amorosissimo mio Bene: oh, oh dolcissima mia Vita: oh oh Dio! Oh Dio! Fatto Bambino per amor mio. Voi, Voi che siete il Figlio dell’Eterno Padre d’Essenza infinita, di grandezza immensa; di vita eterna, vi miro e vedo al presente fatto picciolo Bambino, esinanito, annichilato, vivendo vita mortale: e tutto per amor mio; e tutto per mio amore. Che cosa mo’ farei ancor io per amor vostro, o mio Amorosissimo Signore, Creatore e Redentore! Io non so che mi fare, ne mi dire, che sia per gradire o Voi mio Diletissimo Bambino Giesù: perché non posso niente far di bene, ne meno nominare il vostro Santissimo Nome di Giesù senza il vostro Divin Aiuto; Vi prego dunque, che con la vostra divina gratia si compiacciate di aiutarmi, acciocché, se non in tutto almeno in qualche parte corrispondi agl’innumerabili beneficii da Voi ricevuti: massime di questo singolarissimo dell’Incarnatione vostrsa. Si, si, o Bambino Giesù unica speranza dell’Anima mia, concermi gratia di sempre lodarvi, benedirvi, e ringratiarvi: et anco d’invitare tutte le vostre Creature si del Cielo come della Terra, acciò facciano lo stesso, ma con una continuatione incessante per tutto il giro dell’eternità: et non con modo o maniera mancante e imperfetta. Ma divina perfettissima e santissima. Perché le laudi, benedittioni, e ringratiamenti fatti da noi Creature per perfetti e santi, che possono essere, non seramo mai veramente aggiustati e degni alli meriti infiniti di Voi mio Dio, mio Signore, Creatore e Redentore. Tanto dunque et confido nella vostra infinita bontà, e spero nella vostra immensa carità: E questa gratia ve la chiedo non tanto per mio interesse et utilità. quanto per maggior honore e grazia di Vostra Divina MAESTA’.
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Il nostro Padre Sacristano qui del Monasterio ha posto fuori in Choro dietro all’Altare maggiore SSma Sacramento un bellissimo Presepio: et ho inteso, che l’Inventore di si bella architettura sia stato un nostro Padre Napolitano: Veramente degno d’esser visto non solo da Religiosi, ma anche da qualsivoglia fedele Chistiano. Questo apparato è di longhezza, circa due passi e di larghezza quasi uno. Vi sono quantità di varie Figure; Primieramente sulla Cappanna, o stella che fosse di detto Preseppio vi sta posta la Madre SSma Vergine Maria con S. Giuseppe in ginocchioni che adorano il Divin Bambino Giesù posto appunto nel Preseppio fra il Bue e l’Asinello: Sopra la Capanna del medesimo Preseppio se ne stanno molti Angeli come in aria cantando: Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus honore voluntatis: manifestando la felicissima nuova della gaudiosissima Nascita del Bambin Giesù, Rdentore del Mondo alli Pastori quali qui si ritrovano con molte percore, ani et altri Animali appunto rappresentati con le sue proprie figure in questo rapresentate Preseppio; Dalla parte manca poi vi sta alquanto lungi dal medesimo preseppio il Borgo di Betelemme, Dalla parte dritta di vedono spuntare da lungi li tre Re Magi con grande quantità di Servitori, Cavalli e Camelli; Poi fra le strade di quei monti e di quelle Valli vi sono altri huomini e donne con Buoi, Cavalli, Asini et altri Animali di diversi specie, che paiono naturali; D’ogni intorno poi vi sono molti casamenti, Torri, Palazzi e Castelli; Come pure più lontano quantità di monti uno più grande dell’altro con boschi e sassi; Sopra ‘l Cielo molte nuvole e fra mezzo molte stelle; che in tempo di notte nei lumi dietro via, che non si vedono, comparisce mirabilmente questo bellissimo Teatro, e misteriosissima Rapresentazione; e ciascheduno vedendola e contemplandola, maggiormente la occasione di star raccolto, in contemplare appunto il Sacrosanto Misterio della Nascita del nostro Amorosissimo Bambino GIesù- Io confesso, che m’è stato, non solo la Sacratissima Notte et il Giorno del Santissimo Natale: ma anco tutti gl’altri giorni e notti, che si ha lasciato; cioè, insieme alla Epifania, m’è stato, dico, un speziale motivo di stare più raccolto et unito nella contemplazione di questo sublimissimo et inefabile Divin Misterio. Non solo tutti li nostri Padri e Fratelli sempre lo vedono e contemplano mentre si ritrovano in Choro: ma anco ho visto più e più Persone di diversi stati e condizioni a venir a vederlo e contemplarlo insieme, e cavar qualche frutto particolare per l’Anime loro: huomini però solamente ho visto e nessuna donna; et anco in tempo quando non si dicevano officii divini a vedere, dico, si ammirabile dimostrazione.
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Il giorno di San Stefano: cioè li 26 del presente mese di Decembre: il M. Rdo Padre Agostino dalla Tisana diffinitore Generale mio divotissimo e cordialissimo Padre al quale anch’è stato il primo agente e la prima causa, doppo Dio, ch’io son venuto a Roma, si per visitare quelli Santurarii come per servire di scrittore il sodetto M. R. Padre per sua gratia mi condusse primieramente a vedere e visitare insieme il grandissimo e magnificentissimo Tempio di S. Pietro; la vista del quale porta seco un ammiratione infinita, tanto in mirare l’Edificio incomparabile esteriore, quanto in contemplare li Tesori spirituali interiori; Doppo entrati dentro e visitato, riverito et adorato il SSmo Sacramento, e li sette Altari, che hanno l’Indulgenze delle Stationi, incominciò nel bel principio a dimostrarmi nella Capella grande, situata nel frontespitio in mezzo la medesima Capella, la Cattedra nella quale sedeva S. Pietro di povero legno: hora però tutta coperta d’argento, e d’oro: Poi dal man sinistro in alto nella sodetta Capella si trova in un bellissimo Armario tutto intagliato, et indorato il Volto Santo di Nostro Signor Giesù Christo impresso nel fazzoletto Santa Veronica: La Lancia, con cui fu aperto da Longino il Costato del medesimo N. S. Giesù Christo: et un pezzo della SSma Croce. Dall’altra parte della sodetta Capella a man dritta sta situato un altro simile Armario, nel quale si ritrovano quantità di Reliquie insigni de’ principali Santi che sono stati nella Chiesa di Dio: li nomi de’ quali non li descrivo, si perché non li so; si anche per non esser troppo lungo in questo mio discorso, In mezzo la Chiesa in una bellissima circonferenza e rotondità sotto terra vi è edificato un Altare bellissimo nel quale sono sepolti buona parte delli due Corpi Santi: cioè: di Santi Pietro e Paolo; e dl’altra parte de’ medesimi SSmi Corpi si ritrovano nella Chiesta di S. Paolo; e le Sante lor Teste in S. Giovanni Laterano. Dalla parte destra v’è riposta una Statua tutta di Bronzo sopra una Cattedra parimente di Bronzo del medesimo S. Pietro in altezza solamente d’un huomo in circa che sporge il Santo Piede, a chi si voglia, a baciare: et ogni volta baciando e ponendo la testa sotto il medesimo Santo Piede, l’acquista Indulgenza Plenaria e remissione di tutti li suoi peccati. Vi sono poi altri insigni luochi si de’ Santi riposti e d’altre memorie degne d’esser sapute, e viste; ma io perché appena son stato circa un’hora in questo sontuosissimo Tempio e non li ho potuto vedere, ne men sapere. Solo dico questo, che sotto il pavimento di tutta questa grandissima Chiesa et anco al d’intorno della medesima sono le Catecumbe, che si chiamano appunto Catecumbe di S. Pietro: cioè vi stanno sepolti li migliare de’ migliara, per non dir millioni de’ Martiti. E di queste sante Catecumbe ve ne sono in molti e molti altri luochi sotterranei a segno tale che dicono, chi n’ha cognitione, che se ne ritrovano sino al confino del mare; e questo deriva, io credo, perché Roma era molto più grande di quello è al presente; ma perché molte volte e stata saccheggiata e destrutta, per tanto si trovano di quando in quando nuovi luochi sotterranei con Corpi Santi e questi tali luochi si chiamano, com’ho detto Cattecumbe. Non dico niente poi della bellezza, vaghezza, richezza e preziosità de gl’Altari; della grandezza delle Capelle di questo magnificentissimo Tempio di S. Pietro: Basta il sapere che in una Capella a man manca nell’entrare in Chiesa, e si cantano gli Offici Divini e si celebrano le Messe; et anco vi si predica: tanto una solo Capella è grande; Et infatti quando noi stavamo a vedere e visitare le altre Capelle: et Altari che si ritrovano in quel grandissimo Tempio, nello stesso tempo si cantava solennemente Vespero: ma pero per la grande lontananza noi non sentivamo non solo alcuna parola, ma ne meno mormorio di qualsivoglia sorte: appena l’Organo che sonava si sentiva un poco di tuono muto che pareva fosse molto lontano. Vi sono poi in questo grandissimo Tempio Statue bellissime di finissime Pietre e Marmori sì de’ Santi, come de’ Papi morti, con l’occasione che hanno fatto fare li loro sontuosissimi Depositi: et anche inumerabili altre Statue, tanto d’Huomini come d’Angeli: come pure di molte varietà e spetie d’Animali, singolarmente Cavalli che paiono vivi tanto sono belli. Basta dire che ci volesse ben vedere il Tempio grandissimo sontuosissimo e magnificientissimo di S. Pietro in Roma, e ben sapere quanto in Esso si ritrova si di cose Sante, come di cose singolari, bisognerebbe andare le centinaia e migliaia di volte, e per ancora non si vederebbe, se si saprebbe il tutto. Veramente Egli è una delle grandi meraviglie del Mondo. Ivi vicino sta edificato il Palazzo del Sommo Pontefice (benché al presente Sua Santità habita nell’altro suo Palazzo, che si chiama Monte Cavallo) cioè, il Vaticano; Questo Palazzo è tanto grande, che pare una Cittadella: Basta a dire che in detto Palazzo vi sono più di dodici mila stanza; e se dodici stante fa un Palazzo ordinario; dodici mila ne farebbero mille Palazzi, qualidel cento farebbero una Cittadella; io però non l’ho visto, se non al di fuori. In faccia alla Chiesa di S. Pietro; o per dir meglio, dalla parte e dritte e manca avanti appunto della medesima Chiesa sonos tate fabbricate da Alessandro VII Pontefice Massimo due Ale, che circondano quasi tutta la gran Piazza avanti la Chiesa di S. Pietro; e queste Ali o Portigoni che siano, sono sostentate da quattro fila o circoli di grandissime Collonne: che credo siano più grande di quelle due Collone, che stanno situate in Piazza di S. Marco a Venetia: e queste Collone sono in gran quantità; Perché essendo, com’ho detto quattro le file o circolidelle medesime Colonne, tanto dalla man dritta, quanto dalla manca della gran Piazza avanti la Chiesa di S. Pietro; Io credo, e non stimo di fallare, che siano circa cento Collone per fila o circolo: e perché sono quattro circoli o quattro file per ambi due le parti, vengono ad essere tra tutte circa ottocento Collonne che sostentano quelle grandissime Ali quali adornano mirabilmente tutte quella grandissima e maestosissima Piazza. Vi stanno poi fabricate di Bronzo nella medesima Piazza due bellissime e grandissime Fontane che gettano tanto alto che al tornar in giù l’acqua si diletta e converte come in piazza. Infatti sono cose si meravigliose che chi non le vede co’ proprii occhi non si possono figurare, né credere.
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Si partissimo da S. Pietro e subito il medesimo M. R. Pare Agostino mi condusse a S. Pietro Montorio; ove fu crocifisso il medesimo S. Pietro; et andassimo a visitare quel Santo Luogo, che sta situato sopra il più grande Montecello che stanno in Roma: sopra il quale v’è una Chiesetta Rottonda in mezzo della quale appunto è il sito, dove fu crocifisso il medesimo S. Pietro e si va giù per una scalla per andare in detta Rottonda; come appunto andassimo a visitare quel santo Luoco con mia grandissima consolatione spirituale e presi l’Indulgenze, che ivi sono state concesse da molti Sommi Pontefici e per li Vivi e per li Morti. Quivi, dico fu crocifisso il Principe de gli Apostoli S. Pietro sopra questo monte il più alto di tutti li sette Colli che si ritrovano in Roma: Si chiama Montoro, quasi Mons Aurius: come Monte d’oro: e si dice la causa essere, perché la terra di quel Monticello è gialla e bella a guida d’Oro. Ma io stimarei meglio dice che questo monte è Monte d’Oro per la ricchezza e Tesori spirituali che ha portato il Martirio del medesimo S. Pietro in questo alto monde non solo a tutta la gran Città di Roma ma anche a tutta la Christianità. Si legge, che mentre S. Pietro stava facendo questo santo Sacrificio di se stesso sopra la Croce, stavano anche molti Angeli del Paradiso presenti e riverenti, massime due Angeli inginocchiati in una pietra, che sopra questo monte stava poco discosta dal luoco del martirio del medesimo S. Pietro; e dove poi si fece una Chiesa con titolo di S. Angelo, quale mancando per vecchiezza fu questa Pietra riposta nella vicina Chiesa che si chiama santa Dorottea.
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Da Montoreo il medesimo M. R. Padre Agostino mi condusse a S. Maria della Rottonda che si chiamava per avanti Pantena cioè il Tempio di tutti li Idoli: Et hora si chiama S. Maria ad Martires; E la causa perché Papa Bonifacio IV fece riporre in detto Tempio 28 Carri di Corpi de’ SS. Martiri: li nomi de’ quali non si fanno solo di due, cioè SS. Anastasio e Rafio, che stanno dentro l’Altare maggiore. Questo Tempio, come ho detto, l’Idolatri l’havevano dedicato a tutti gli Dei; et ancora restano li siti e nichi dove appunto stavano risposti li loro Idoli; e credo, che siano molto più di mille: perché ve ne sono per tutta la rotondità del medesimo Tempio, il quale è molto grande, e tutto fabricato in una Rotondità; e per questo si chiama Santa Maria della Rotonda: et ha una sola apertura o finestra, che; si chiama, sopra la rotondità che illumina tutto il Tempio. Molti Pontefici con vari privilegi hanno innalzato questa Chiesa a pari di molte altre, havendola fatta Collegiata; e concesse molt’Indulgenze, massime all’Altare della Madonna e di San Giuseppe che sta situato nell’entrare della Porta Maggiore a man manca: v’è Indulgenza Plenaria ogni volta che si visita detto Altare. La Porta Grande di questo sacro Tempio è alta, io credo, più di dieci passi, e larga circa quattro passi e tutta d’un pezzo d’inestimabil Pietra anco per li bellissimi lavori intagliati sopra. La meraviglia maggiore di questo Tempio sono 16 Colonne del portico di smisurata grandezza, che sostengono travi di bronzo, che dimostrano d’esser stati indorati.
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Alli 30 del medesimo mese de Decembre andai con un nostro Fratello a Monte Cavallo a Verspero là dove vedessimo 22 Cardinali nella Cappella del Sommo Pontefice, benché esso Sommo Pontefice non vi fu ad ascoltare Vespero, cantato solennemente da Musici d’un Papa. Molti di quelli Cardinali vedessimo venire nelle loro Carrozze: ogn’uno de’ quali haveva almeno tre Carrozze et alcuni altri quattro, cinque, sei e d’avantaggio in particolare quelli nati Principi ne hanno infino 20 Carrozze de’ molti Cavallieri, che li corteggiano. Habbiamo veduto che smontati di Carrozza qualsivoglia Cardinale, tutti quanti della sua Corte avanti del Medesimo Cardinale se ne vanno: uno portando una bellissima Mazza d’argento e d’oro: nella quale con bellissimi fiorami et adornamenti sta impressa l’Arma della Casa del Cardinale; un’altro portando un Ombrella bellissima sotto la quale il Cardinale camina. Dietro poi del Cardinalòe sta il Codatario, che con Egli camina, porta solevata da terra la parte dietro della sua Porpora: Veramente il vedere questi Cardinali a caminare sì fattamente e secondo divottione e grande maesta. Si partissimo poi di Monte Cavallo et andassimo a visitare la Chiesa di San Silvestro a Monte Cavallo, là dove con gran aparato e quantità di lumi stava esposto il Santissimo Sacramento con una moltitudine di Popolo d’ogni sorta di Religiosi, come Secolari, sì Nobili come ignobili era piena quella assai grande Chiesa. Et entrati ancor noi benché con grande difficoltà per la fola della gente, fatta alquant’oratione e ricevuta l’Indulgenza Plenaria, con la remissione di tutti li peccati, concessa dal Sommo Pontefice, s’incaminassimo alla Chiesa di Gesù, dove hanno la sua residenza li Padri Giesuiti Professi; questa Chiesa è una delle più belle e ricche Chiese che sono in Roma; sono 8 Cappelle oltre l’Altare maggiore e tutte di grande valore e stima: Al presente ne fanno una e si dice fornita sarà stimata più di cento milla scuti Romani: Lascio mo’ considerare tutte l’altre Cappelle coll’Altar maggior, el rimanente di tutta la Chiesa, ch’io credo, millioni vi habbia voluto per edificarla sì maestosa e bella. Quivi vi stanno riposti li sacri Corpi dei santi Abbondio et Abbondantia Martini. Poi il corpo di Sant’Ignazio Fondatore della Compagnia di Giesù. Quivi si conserva anco la testa di Sant’Ignazio Vescovo e Martire. Di più in questa Chiesa ci sono cinque Braccia di Santi, cioè: di San Francesco Xaverio, uno dei primi compagni di Sant’Ignazio; il secondo di San Colmani prete, il terzo di San Lazaro, fratello delle Sante Maria Maddalena e Marta: il quarto di San Luca Evangelista; et il quinto di San Luigi Re di Francia. Vi sono anche delle Teste delle Sante Vergini e Martiri, compagne di Sant’Orsola. Vi sono poi altri Santi , li Nomi dei quali io non lo so, in questa bellissima chiesa di Giesù e perciò ne meno li descrivo anche per non esser troppo lungo in questa mia succinta narrazione.
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Li 3 di Genaro del 1697, il medesimo Molto Reverendo Padre Agostino dalla Tisana hoggi per sua gratia mi condusse a visitar e vedere insieme alquante bellissime e divotissime chiese. La prima delle quali è stata la chiesa di Santa Prudentiana Vergine e Martire, sorella di Santa Prassede et ambi due figliole di Prudente Senatore Romano; Nel Palazzo del quale premieramente habitò San Pietro venuto che fu in Roma: qual’anco da Santa Prudentiana fu dato a San Pietro acciocché lo consacrasse in Chiesa: come appunto; e fu la prima Chiesa consacrata da San Pietro in Roma. Qui in questa Chiesa stanno riposto più di tre milla Martiri; come si legge in una descrittione intalgiata in una Pietra di marmore posta nel pariete di detta Chiesa: et in un’altra, che sta situata in terra nell’entrar della porta maggiore della medesima Chiesa.
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Da Santa Prudenziana mi condusse il sodetto Molto Reverendo Padre alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, in altro tempo nominata la Basilica di Liberio, per averla edificata per causa del gran miracolo della Neve, che ma Madre Santissima Vergine Maria fece cascare sopra il monte Esquilino alli 5 d’agosto, nel maggiore caldo dell’Estate qui in Roma; Di poi fu chiamata Santa Maria al Presepio: quando fu portato il medesimo Presepio in questa Chiesa; Alla fine molti anni dopo per causa d’esser fabricate molte Chiese qui in Roma a questa restò il nome di Santa Maria Maggiore, il qual nome lo conserva sin hora presente. Questa Chiesa è una delle maggiori, delle più belle e delle più magnifiche che si trovano qui in Roma: si per la Chiesa grandissima edificata da quel gran ricco e divoto Senatore Liberio come per esser stata restaurata da molti sommi Pontefici: ma in particolare da Sisto V e Paolo V. Creato che fu Sisto V vi edificò una magnifecentissima cappella e un’altra all’infronto Paolo V. Nella prima vi sta riposto il Santissimo in un bellissimo Tabernacolo: con grandissima quantità d’insignissime Reliquie de’ Santi. Nella seconda v’è una bellissima Imagine di Nostra Signora dipinta da San Luca con moltissime altre Reliquie e cose insigni da vedere, ammirare, riverire et adorare. Vi sono nell’entrare della Chiesa anco due Cappelle più piccole, ma però molto belle fatte fabricare dal sudetto Sisto V. Una di Santa Lucia, e l’altra di San Girolamo: Ivi pose alcuni de’ sacri Corpi de’ Santi Innocenti levati dalla Chiesa di San Paolo fuori delle mura. Avanti l’Altar Grande poi vi sono memorie insignissime, cioè la Cunna del Divin Bambino Giesù et il suo santo Presepio, in cui fu riposto, dopo nato nella Stalla di Bettelemme dalla Madre Santissima Vergine Maria fra il Bue et Asinello; Et si crede, e stima che l’una e l’altro siano stati portati da Sant’Elena con altre insigni cose di Terra Santa: come pure con la sodetta Imagine della Santissima Vergine Maria dipinta da San Luca. Vi è anco della cinta della Madre Santissima e del suo dolcissimo Latte: del quale ne hanno ancora altre Chiese di Roma. Attorno della Tribuna dipinta a mosaico si leggono i Nomi de’ Santi che ivi stanno: et in particolare si San Matthia Apostolo: e di San Girolamo. In questa Chiesa vi è il Corpo di Sant’Epafra, che San Paolo ordinò Vescovo dei Colossensi e fu Martire. Vi stanno anche qui li Santissimi Corpi di Simplicio, Faustino e Beatrice fratelli martiri. Vi sono pure parte delle reliquie delle Sante Redenta e Romola. Come pure un braccio di San Matteo et un altro di San Luca Evangelista. Qui è anco la Testa di San Marcellino Papa e Martire. Molte altre Reliquie de’ Santi, e d’altre cose insigni vi stanno qui in questo sacro Tempio, che solo il numerarle per se sole vi vorebbe un gran volume. Avanti la Facciata della Chiesa vi sta il bellissimo e grandissimo Portico sostentato da altissime Colonne; e distante al quanto della medesima Chiesa vi sta posto un Obelisco; cioè una grandissima et altissima Colonna sopra la quale sta riposta una gran Statua della Madre Santissima che dà la benedittione a Roma, acciocché sia diffesa, e preservata da ogni male sì corporale, come spirituale: tanto temporale, quanto eterno.
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Mi condusse il medesimo Molto Reverendo Padre alla Chiesa di Santa Prassede, che prima fosse edificata si chiamava Casa santa per esservi nel mezzo un pozzo, dove detta Santa Prassede gettava il sangue de’ Martiri di Roma. E per memoria di questa opera si buona e santa entro il medesimo pozzo circa un passo sotto sta coperto, et ivi v’è riposta una statua di Santa Prassede in ginocchioni con una sponga fra le mani rossa come dimostrasse esser piena di Sangue, che lo struca in quel pozzo. Di più nell’entrare in questa Chiesa a man sinistra della porta maggiore si vede nel muro un lungo marmo, sopra di cui Santa Prassede per macerare il suo corpo, dormiva. Fu Sorella di Santa Prudentiana come our ho detto, quando succintamente ho descritto la Chiesa della medesima Santa Prudentiana. In questa Chiesa sta il corpo di San Zenone, e di moltissimi altri; de’ quali alcuni nomineremo per essere descritti in marmo nella sodetta Chiesa. Ma prima devo dire che quivi in una Cappella sta una parte della Colonna, nella quale fu flagellato il Nostro Signore Giesù Cristo e si tiene con grandissima venerazione scoperta che ogn’uno ch’entra in quella Cappella la può vedere, ma non però la può toccare, essendo quella Cappella serrato con una ferrata et alquanto lontana sta riposta la medesima santa Colonna. Di molti Corpi Santi fu aricchita questa Chiesa da San Pasquale Papa, il quale vedendo il poco honore che si portava a molti Santi Martiri, che si trovavano per la campagna di Roma li fece trasportare in questa Notissima Chiesa e primieramente furono tre Pontefici Santi Fabiano e Stefano; et terzo però che fu Sant’Anastasio, lo fece riponere nella Chiesa di Santa Bibiana. Qui vi sono buona parte de’ Corpi de’ Santi Antero e Melchiade. Come pure d’altri due Santi Sisto e Felice Pontefici. Tre altri Pontefici santi si trovano essere venerati in questa Chiesa. Il primo è San Pontiano: il secondo San Licinio; il terzo San Celestino. Vescovi poi sono Santi Soberatio, Osstato e Leone. Sacerdoti Santi Nicomede e Giustino. Diaconi Santi Ciriaco, Nemesio; Zaccheo e Cirino la metà però de loro Santi Corpi. Quivi stanno anche quattro Santi Martiri: cioè Zotico. Ireneo, Giacinto et Amantio. Vi sono pure parte delle Reliquie dei Santi Gordiano et Epimaco. Vi è un San Giovanni Prete; vi sono due altri Martiri: cioè Santi Blasto e Diogene: benche ne ha parte anche la Chiesa di San Marcello. Vi sono pure quivi riposti li Santi Martiri Sulpitio e Severiano fratelli carnali e di nobil sangue nati a Roma. Una parte vi stanno qui degnamente sepolti de’ Santi Corpi Bono, Calunnio, Tofusserio, Casto, Castulo, Felice, Fausto, Giovanni, Cirillo, Mauro, Basileo et Honorato tutti chierici e Martiri. Sono parimente in questa Chiesa li Santi Martiri Crescentio e Crescentione. Qui anco si dice che sono li Corpi de’ Santi Crisante e Daria; benché si annoverano anco ne’ Santi deposti nella Chiesa de’ Santi Apostoli. Vi è anche parte de’ Santi Hippolito e Pontiano. Vi sono duoi altri Santi Zenoni nella capella appunto dedicata a San Zenone il primo descritto. Le Sante Vergini poi che si trovano qui in questa Sacra Chiesa li loro Corpi, sono in particolare di Santa Prassede e Santa Prudentiana; Anche vi sono li seguenti de’ Santa Giuliana, Memmia, Mariano, Tiburtiade: Di Sant’Emerenziana non si sa di cosa certa, pur si crede, che almeno la metà delle sue sante Reliquie stiano in questa Chiesa. Due altre Sante donne vi sono qui allocate; cioè santa Sinforosa, non però quella di Tivoli; e santa Zoa. E parimente Santa Felicola martire. Molte altre Reliquie d’altri Santi sono riposte negli armari di questa Chiesa principalmente di Sant’Efrem, poi de’ Santi Combani e Gallo; come pure dell’Angelico Dottore San Tomaso d’Aquino. Vi sono poi anche 2300 cioè duemilla e trecento Santi, li Nomi de’ quali non si sa: ma solo questo gran numero sta intagliato in due Marmi alle soglie d’ambidue le porte di questa divotissima Chiesa chiamata di Santa Prassede.
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Si incaminassimo dalla Chiesa di Santa Prassede alla Chiesa magnificentissima, grandissima e ricchissima di San Giovanni Laterano. Questa è la prima Chiesa Patriarcale, per essere del supremo Patriarca che è il Vicario di Christo; che perciò creato che è il Sommo Pontefice, vienne a pigliarne solennemente il possesso: E se bene tra questa Chiesa e quella di San Pietro in Vaticano si sia disputato del primo luogo; nondimeno Gregorio XI e Pio V lo diedero a questa; Nella quale sono stati celebrati XI Concilii, de quali l’ultimo fu sotto Leone X. Innumerabili sono le Reliquie e memorie di Nostro Signore e Santi suoi in questa Chiesa; la quale per essere dedicata al Salvatore, procurarono i Pontefici d’avere Quelle che nell’antica legge lo figuravano: e che vinta Gerosolima da Tito Imperatore, egli riportò in trionfo e riposi nel Tempio della Pace: aggiungendosi al Toribolo dell’incenso con la verga di Haron, che miracolosamente fiorì, o quella di Mosé, con la quale trasse da un soglio acque vive: e divise quelle del mare; E tutte queste cose Nicolò IV ristorando la Tribuna, le pose sotto l’Altar Maggiore. Ma più sono quelle, che toccano immediatamente la Persona del Salvatore: come della sua culla, la Camicia di lino, e camiciola detta la veste Inconsutile: l’una e l’altra fatta dalla sua Santissima Madre. Di più qui sono de grani d’oro e due pesci, moltiplicati nel deserto; La Tavola, sopra di cui nell’ultima Cena consacrò il Santissimo Sacramento dell’Altare; Et il Panno di lino, che si cinse per asciugare i piedi lavati ai Suoi Apostoli. Pretiose ancora sono le memorie, che della sua Passione conserva questa Chiesa: come la Veste di porpora; della Canna, con la quale fu percosso; il Velo, che la Beatissima Vergine porse ai Crocifissori, acciò glielo cingessero; del sacro Legno della Croce; con due Ampolline del Sangue et Acqua, che gli uscì dal Sacratissimo Costato, raccolte sotto la Croce dalla Santissima Madre e Vergine Maria e da San Giovanni: ed oltre questa Chiesa molte altre ne hanno di questo pretiosissimo Liquore qui in Roma come anche fuori di Roma. Tra le memorie ancora della Passione di Nostro Signore Giesù Christo è una Tavola di marmo, sopra di cui i Soldati che lo crocifissero, giuocarono le sue vesti; Et appresso vi stanno due colonne, alle quali furono appesi gli Stendardi, che del popolo Romano portava il suo Presidente Pilato: ne molto discosto sono altre Colonne, che alla morte del Signore si spezzarono. C’è è di più il Sudario, che nel sepelirlo, posero sopra la sua Faccia: E quello, che rivolsero tutto il Corpo, si conserva in Tirono[1]. Questa Chiesa è intitolata allia Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, ha delle Reliquie d’ambi due e prima del Sangue, e ceneri del gran Battista: conservandosi in Genua il suo abbruciato Corpo. Qui di più vi è la Veste, o più tosto il Silicio, fatto con peli di camello. V’è anche la Testa di suo padre San Zaccaria, ucciso sa Herode, perché fece nasconder suo figlio, acciò con gli altri Innocenti fanciulli non l’ammazzasse: Il Corpo però sta in Venetia in San Zaccaria. Di San Giovanni Evangelista non vi sono Reliquie del suo Corpo: o perché sia stato trasportato con Elia al Paradiso terrestre: o perché già resuscito, viva in Paradiso: V’è però qui una sua Veste: Vi è anche della catena: con cui fu condotto a Roma; vi sono le forbici, delle quali si servirono a tagliargli la sua veneranda chioma: Il calice, in cui li fu dato a bere il veleno, ma senza sua offesa; E finalmente della Manna che stilò dal suo sepolcro. Si conservano in questa Chiesa le teste dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, che il Santo Pontefice Silvestro, diviso ch’ebbe i loro Corpi Tra la Chiesa di San Paolo e quella di San Pietro, parve bene di honorare delle Teste quest’Illustrissima Chiesa e vi sono collocate nel Tabernacolo sopra l’altar maggiore. Oltre le due Teste de’ Santi Apostoli, ve ne sono due altre l’una di San Epimaco, e l’altar di San Giordano Martiri; li Corpi dei quali (come ho detto) stanno riposti nella Chiesa di santa Prassede. Indulgenze poi, e per li Vivi e per li Defunti ve ne sono in quantità. Questa Chiesa, io credo, che sia la più grande doppo San Pietro, havendola edificata Costantino Imperatore, et arrichita di pretiosissimi doni; Poi da molti Sommi Pontefici restaurata et abbelita. Questa è una delle quattro Chiese destinate dal Sommo Pontefice per visitare l’Anno Santo: come pure una delle 7 che si prendono le Stazioni. Questa fu la prima Chiesa, che nel Mondo si consacrasse con le solite cerimonie usate da Vescovi e Pontefici, rizzandovisi altari di Pietra, che prima erano di legno in forma di cassa, per metterli presto e levarli nel tempo delle persecutioni, che per l’adietro havevano travagliata la Chiesa: E sino ad hoggi nell’Altar Maggiore di questo sacro Tempio sta quell’Altare di legno in che celebrava San Pietro, sopra del quale non possono celebrare che li Sommi Pontefici, così ordinato, e stabilito da Medesimi.
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Da Giovanni Laterano passassimo la strada dove sta edificata la Cappella del Palazzo Papale: Quivi stanno le Scale Sante che erano nel Palazzo di Pilato; Et essendo da Lui mandato Nostro Signore Giesù Christo ad Herode vi passò, andanto e ritornando, ma in particolare quando li fu posto la Croce in spalla, flagellato e coronato di spine grondava da ogni parte del suo sacratissimo Corpo gocciole di sangue sopra li scalini: come si vedono alcuni segni di Croci coperte, dove appunto si vedono le pozziole del pretiosissimo Sangue cascato; Si crede che dette scale fossero mandate con altre cose di Terra Santa da Sant’Helena a Roma al suo figliuolo Costantino. Queste sante Scale unite in una sol Scalla sta quivi nella Cappella del Palazzo Papale con somma veneratione tenuta; perché nessuno può fare questa Scala Santa, se non in ginocchione, incominciando dal primo scalino a basso della medesima Scala Santa et ascendendo pian piano, con somma divotione el tempo di ciascheduno di scalino in scalino sino che arrivi ad ascendere tutta quanta la Scala Santa; Questa gratia di fare in si fatta maniera, come ho detto, ha toccato ancor a me, hoggi appunto col sodetto Molto Reverendo Padre che m’ha fatto la gratia di condurmi. Io confesso, che per gratia e dono di Dio Benedetto subito inginocchiato il primo scalino di questa Sacla Santa ho incominciato a piangere senza potermi sostenere sino che non finii quella benedetta e Santa Scala in considerare, come per la medesima Scala Santa più volte que’ Cani arrabbiati di Hebrei condussero il nostro Amorosissimo Signor Giesù Christo, ma in particolare l’ultima volta condannato da Pilato alla morte di Croce quei perfidi Hebrei subito posero la Croce già preparata per tal effetto sopra le flagellate spalle e schiena del mansuetissimo Agnello Giesù e lo fecero smontare furiosamente da questa Scala Santa, santificata appunto dal suo Divin cammino, che per essa più volte fatta e dal suo pretiosissimo Sangue spruzzata. Io a tal considerazione, che il Figlio di Dio, il Figlio dell’Eterno Padre, e della Madre Santissima Vergine Maria ancora il Nostro Amatissimo Giesù per l’infinito amore, che porta a tutti gli huomini: e che dico a tutti gli huomini, per l’amore, che solo porta a me grandissimo peccatore, s’ha compiaciuto (come disse Sant’Anselmo, se non erro), che se Nostro Signor Giesù Christo (dato impossibile) che fosse scordato di me nella Redenzione, che ha fatto di tutto l’ Genere Humano: Egli per me solo ritornerebbe dal Cielo in Terra a farsi Huomo passibile e tornar a patire quanto ha patito, e morir insieme per una sol’Anima, per me solo dico, tanto è l’Amore infinito, che il nostro Dilettissimo Giesù porta a qualsivoglia Huomo. A tal considerazione, dico, nel fare fu quella Scala Santa, non potevo trattenere le lagrime, sapendo del certo che per amore mio amorosissimo Giesù Huomo e Dio ha portato quella sua pesante Croce per questa Santa Scala sino al Monte Calvario, et ivi sopra la medesima Crocifisso. Oh amore infinito di Voi mio Dio, mio Signore, mio Creatore, e mio Redentore; e che cosa mai farò per amor vostro. Eccomi qui sopra questa Scala Santa che desidero ancor io il portare la Croce, che giornalmente Voi mi sare per ponere sopra le mie spalle: il che consiste, di negare sempre la mia volontà, con fare continuamente la Vostra Divina; e prender appunto la Croce che per gratia vostra mi darete. Come appunto ben dite a chiunque vi vuol seguire tali parole. Qui vul poste me venire, abneget semetipsum et tollat crucem suam et sequatur Me. Si, si, o mio Dio, o mio dolcissimo Giesù, vero e unico sposo dell’Anima mia, concedetemi questa gratia, cioè di sempre negare la mia per fare la vostra Divina Volontà: e questo vi prego, che mi concediate il praticarlo di momento in momento per tutto il giro incessante della vostra Eternità. Perché praticando questo non posso altro praticar meglio: essendo appunto quello per il quale Voi siete disceso dal Cielo in Terra; cioè per fare la Volontà del Vostro Eterno Padre come lasciaste scritto nel vostro Evangelio: Descendi de coelo non ut faciam voluntatem meam, sed eius qui misit me; Et in uno altro loco ha lasciato scritte queste altre parole: Meus cibus est facere voluntatem Patris mei, qui in Coelis est; E d’avantaggio per consolatione nostra disse un’altra volta, e pure si trova registrato nel medesimo suo Evangelio simili parole: Ille meus Frater, Soror et Mater est, qui facit voluntatem Patris mei qui in Coelis est. Che più ci può dire il Nostro Carissimo Giesù per volere insegnare a qualsivoglia fedele Christiano il più perfetto modo di servir a Dio; cioè di fare sempre la sua Divina Volontà di nunc in nunc per tutta l’eternità. Tale gratia ancor io con le lagrime a gl’occhi, salendo con ginocchi questa Scala Santa, pregaro il mio Amorosissimo Signor Giesù Christo che mi compiacesse concedermi ad maiorem Dei gloriam; come credo del certo, me la concederà, per esser Egli impastato di Bontà e carità. Salito la Santa Scala vi stano due porte del Pretorio di Pilato, dalle quali più volte passò il Nostro Signor Giesù Chisto e si tengono con grande veneratione per essere appunto passato Nostro Signor Giesù Chisto per esse. Vi sta poi qui la Cappella del Palazzo Papale, nella quale non vi entrano Donne: né vi si dice Messa. Quivi sta collocata un’Imagine del Salvatore di età d’anni 12 posta sopra l’Altare opera si crede incominciata da San Luca, e poi fornita da gl’Angeli. Sopra l’Altare vi è una piccola camera da un muro all’altro della Cappella con due fenestrelle et è ripiena di una gran numero di Sante Reliquie. Sotto l’Altare vi sta riposto il Corpo di Sant’Anastasio monaco e martire Persiano con parte della Santa Croce. Molte altre Reliquie quivi si trovano, ma non si sanno de’ Santi loro: solo di due Teste che sono San’Agnese e Prassede rinchiuse in Reliquiari d’argento.
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S’incaminassimo alla Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. Questa grande e bellissima Chiesa fu fabricata da Costantino Imperatore: E si mosse Egli a fabricarla per memoria di quella celeste visione, ch’ebbe d’una Croce nell’aria; per la quale gli furono promesse molte vittorie; E per tanto nella medesima Chiesa detto Imperatore fece poner buona parte della Santissima Croce inviatagli da Sant’Helena sua Madre da Gerusalemme qui a Roma: come pure un santo Chiodo, con cui fu trapassato o le mani o li piedi Del Nostro Amatissimo Signore: et uno di quelli 30 denari co’ quali fu venduto da Giuda traditore. Di più Sant’Helena fece condurre a Roma una Nave carica di quella Terra che Nostro Signor Giesù Christo in Croce, bagnò col suo pretiosissimo Sangue: e ne fece metter parte sotto il pavimento della sodetta Chiesa, e parte sopra la volta della medesima d’onde ne hebbe questa Chiesa il sopranome in Gerusalemme. Anche il titolo della Trionfante Croce si trova in questa Chiesa serrato in una finestrella fatta su la cima dell’arco in cui verso l’Altare maggiore finisce la nave di mezzo. Sotto l’Altar maggiore in Arca di Porfido sono li Corpi de Santi Cesario e Anastasio. Questa Chiesa è una delle sette che si visitano per acquistare l’Indulgenze delle Stazioni. Molte altre Reliquie qui si conservano e si mostrano al Popolo da due fenestriere che stanno a’ fianchi dell’Altar maggiore; de’ quali quelle sole qui si mostrano, che in altre Chiese non si trovano; Una delle quali molto insigne è di Sant’Ilarione Abbate. Qui pure si mostrano e sono riverite le Reliquie di Santa Elisabetta Figlia del Re d’Ungheria.
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Li 10 del corrente mese di Genaro per sua grazia il sodetto Molto Reverendo Padre Agostino dalla Tisana mi condusse fuori a vedere e visitar insieme alcune Chiese: La prima delle quali è stata la bellissima e magnificentissima Chiesa dei Santi Apostoli, che l’officiano nobilmente e divotamente li Reverendi Padri Conventuali. In questa divotissima e nobilissima Chiesa primieramente vi si ritrovano li Santi Apostoli Giacomo e Filippo riposti sopra l’Altar Maggiore: Da quali è restato il nome di detta Chiesa: Delli Santi Apostoli. Molti altri Santi vi sono in mezzo a detta Chiesa, tra cancelli di ferro; Et altri in alcuni Altari; Quei di mezzo hanno i loro nomi scritti in una Tavoletta. Ivi si nomina per il primo San Pelagio, il Papa fondatore di questa chiesa: Poi San Nazario Martire: Vi sono parte delle Reliquie d’altri Santi, cioè, Fausto, Colunnio, Giovanni, Isuperio, Cirillo, Teodoro; con Mauri e Buono Santi Basileo e Giovinio; Parte anche delle Reliquie di Grisante e Daria qui si trovano; Altri quattro corpi Santi sono riveriti in questa Chiesa; Nell’Altare del Poverello San Francesco vi sono San Clemente martire (no quello, fu anche Papa) e San Sabino pur martire. E nell’Altare dell’Immacolata Concettione vi si tiene il Corpo di Santa Eugenia Vergine e martire; con quello di sua Madre Santa Claudia. Qui finalmente si ritrovano due Teste de’ Sante Vergini; cioè di Santa Agape e di Santa Benedetta. Vi sono poi un gran numero di Reliquie de Corpi Santi, ch’io non so il Nome loro et anco per brevità li tralascio.
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Dalla Chiesa dei Santi Apostoli mi condusse il sodetto Molto Reverendo Padre a Sant’Andrea della Valle. In questo sito di questa Chiesa anticamente fu il Teatro di Pompeo; e nel fare li fondamenti della medesima Chiesa, se ne sono viste le rovine. Per avanti era edificata una picciola Chiesa in honore di San Sebastiano Martire; perché ivi in una Cloaca detta Massima fu getato il suo Santissimo Corpo; Di poi edificandosi questa Chiesa di Sant’Andrea, fu incorporata con questa di Sant’Andrea, havendo fatto una bellissima Cappella ad honore di San Sebastiano. In questa bellissima Chiesa vi si osservano molte insigni Reliquie de’ Santi e sono le seguenti: (Qui l’Autore continua a numerare parecchie reliquie di Santi).
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Poi andassimo a visitare la Chiesa di San Lorenzo in Damaso, fabricata appunto da San Damaso Papa; e la fece Collegiata e gli diede il titolo de’ Cardinali, e la dottò di buon’entrate, che altre 24 Chiese le sono soggette. Il medesimo San Damaso adorna con versi latini i sepolcri d’alcuni Santi Martiri. Fu arrichita d’alcuni Corpi Santi; sotto l’Altar maggiore; oltre quelli del medesimo San Damaso è il corpo di San Eutiochio martire con San Sebastiano nel Cimiterio di Callisto; e sin hora si leggono in un marmo alcuni voti fatti da San Damaso, ne’ quali racconta le varie pene che per Christo patì. Sotto dello stesso Altare sta la metà de’ Santi Fausto e Giovino. E sotto un altro Altare de Santi Michele et Andrea. Un’altra metà de’ Santi Buono e Mauro; E di tutti quattro sta il resto nella Chiesa delli Santi Apostoli, come ò detta nella succinta descrittione della medesima Chiesa. Sono poi molte altre Reliquie d’altri Santi che vi vorrebbe e molto tempo e quantità di carta per desciverle tutte; solo, dico, che qui sta il cilicio di San Paolo.
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Alla fine del viaggio mi condusse detto Molto Reverendo Padre a San Bartolomeo in Isola, molto bella Chiesa, la quale officiano li Reverendi Padri Osservanti dall’anno 1513 datali da Papa Leone X. Che prima si chiamava Chiesa di San Adalberto; essendo state portate la metà delle sue Sante Reliquie da Ottone III Imperatore, grande Amico di questo Santo, da Gnesna le condusse a Roma in questa Chiesa la quale (com’ho detto) si nomina Chiesa di Sant’Adalberto. Ma doppo l’istesso Imperatore portò da Benevento il Corpo di San Bartolomeo Apostolo in questa Chiesa; e col tempo s’ha convertito il nome di detta Chiesa di Sant’Adalberto, in San Bartolomeo. Come pur anche quivi dal sudetto Imperatore da Benevento fu traslato il corpo di San Paolino Vescovo di Nola. Parimente di molti altri Tesori spirituali questo Christianissmo Imperatore Ottone arricchì questa bellissima Chiesa: Che, come detto, al presente si chiama San Bartolomeo da Nola.
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Alli 12 del presente mese il sudetto Molto Reverendo Padre Agostino mi condusse ad una bellissima Chiesa che si chiama Chiesa di Santa Susanna per esser ivi sepolta con San Gabinio suo Padre e Fratello di San Caio Papa. Santa Susanna fu martirizzata, con esserle tagliata la Testa nella propria sua Casa, la quale consacrò in Chiesa il medesimo San Caio et anco nello stesso tempo canonizò la Nipote; cioè Santa Susanna e fule dedicata la medesima Chiesa che sino al giorno d’oggi si chiama la Chie sa di santa Susanna. E qui habitano Monache, che si chiamano di San Bernardo, ma sono Benedettine. San Gabinio Padre di detta Santa Susanna morse in prigione per difesa della Christiana Religione; che perciò si può chiamare Martire, come sono martiri San Caio suo fratello, e Santa Susanna sua Figliuola. Quivi si ritrovano la metà de’ Santi Genesio et Eleuterio; come pure la metà di Santa Felicità Martire. Di molte altre Reliquie de’ Santi si trova questa Chiesa adornata le quali per esser communi e misciate con altre non le nomino: solo una che è propria e singolare, la quale è di San Michea uno dei dodici minori. Infatti che predisse il Nascimento del Nostro Signore Giesù Christo. Questa Chiesa di Santa Susanna non è troppo grande, ma mediocre; È sì bella, vaga e lucida che pare un Gioiello.
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Andassimo da Santa Susanna a Santa Maria della Vittoria dove stanno li Reverendi Padri Carmelitani Scalzi. Questa Chiesa prima si chiamava di San Paolo: poi fu nominata col nome di Santa Maria della Vittoria perché l’anno 1621 ripigliando Ferdinando Imperatore la Città di Praga dalle mani degli Heretici vi si trovò un’Immagine della Madonna, che da uno di quelli Padri fu portata a Roma, e collocata in questa Chiesa, nella quale stanno appesi molteplici Voti per la quantità di gratie, e miracoli che sempre ha fatto, e de continuo va facendo. Che pertanto il medesimo Imperatore fece dono d’una Corona imperiale tutta d’oro, ornata di gioie di grandissimo prezzo, acciò se ne coronasse detta Madre Santissima. Il Duca di Baviera un Tabernacolo ricchissimo di ebano e di argento di 10 palmi d’altezza e statue d’argento, con la coperta di velluto cremerino con romanette ???? molto grande d’oro fino, dove ora sta posta la sopra detta Imagine. L’Arciduca Leopoldo, una lampada d’argento bellissima. Un’Infanta di Spagna ha mandato diversi presenti a quella Madre Santissima, un guarnimento d’una Cappella, lavorato etoro ??? Una gran Lampada d’argento indorata. Quanto Colonne d’argento piene di Reliquie per collocare in esse Piramidi. Di più due Reliquiari grandi di ebano guarniti d’argento, nelli quali sono Reliquie insigni. L’uno d’essi fu donato a quella Santissima Imagine da un Lettore di Colonia, con un Reliquiario d’oro, nel quale è un pezzo della Veste inconsuntile di Christo Nostro Signore et un pezzo della Tovaglia dell’Ultima Cena. Quattro busti riccamente vestiti, tempestati di gioie, guarniti d’oro. In uno de’ quali è parte della Testa di San Benedetto Abbate. In un altro, di San Martino Vescovo; Negl’altri due Busti sono due Teste delle undici milla Vergini. Quattro Teste adornate di raso e brocato d’oro, con li suoi cussini, con corone d’argento et altre di fiori cioè: il Capo di San Vicenzo martire: di Santa Concordia: d’una delle undici milla Vergini: e l’altro d’un Santo innominato. Due delle quali furono da un Duca Guglielmo, con due ossi de’ Santi della Compagnia de’ Tebei. Un richissimo Reliquiario tutto d’oro smaltato con molti diamanti e suoi cristalli. Dentro del quale sono un pezzo di Legno della Santa Croce di Nostro Signore, una Spina, che trafissero il suo Sacrosanto Capo et un buon pezzetto de’ Panicelli co’ quali la Santissima Vergine involtò il suo dolcissimo Figlio Bambino Giesù la Notte del Santissimo Natale. Le Reliquie, che ha mandato detto Duca, e si dice che fosse di Baviera, sono le qui sottoscritte: (Qui l’Autore riporta 59 Reliquie di Santi). Il medesimo Duca Guglielmo pure di Baviera donò l’apparato della Cappella di broccato co’ bellissime figure: et anco un’Imagine della Vergine Santissima, con un di rilievo d’ambra col suo piedistallo guarnito con perle, e rubbini con una Croce dell’istessa materia alta cinque palmi di vaghissimo lavoro. La Duchessa di Baviera, un Bambino Giesù et una Testa della Santissima Vergine di mistura, con fattezza tanto naturali e vive, che non pare humanamente si possa far cosa migliore. L’Altezza di Fiorenza, due torcieri d’argento d’altezza sette piedi in circa, e due Reliquiarii, l’uno d’ebano e d’argento, l’altro di pietre pretiose con una pietra d’avorio scolpita nel mezzo. Un duca di Mantova, una lampada di cristallo di montagna, larga tre palmi, con quattro Angeli d’oro massiccio smaltati: Un paliotto con la sua pianeta d’un drappo nobilissimo con fondo d’oro: e la Duchessa due Reliquiarii belli et un’ornamento ricco per metter a detta Santissima Imagine. Un Duca di Bracciano, due lampade d’argento grandi; la Duchessa Doria un quadro di Diaspro corniciato d’argento, con una pietra d’avolio: con quattro vasi, e fiori d’argento dorati. La Santità di Papa Urbano VIII doppo aver celebrato Messa nella detta Cappella, vi lasciò per sua divotione l’ornamento, co’ in quale celebrò la Messa. Et un Cardinale di Savoia mandò sei candelieri con una Croce di cristallo di montagna riccamente lavorati, con un Crocifisso d’argento. Da altri Principi e Signori di diverse parti son stati dati deversi presenti e donativi, si che si va ogni giorno più rendendo celebre a tutt’il mondo questa Santissima Imagine di Santa Maria della Vittoria.
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Mi condusse poi il sudetto Molto Reverendo Padre alla Chiesa di Santa Maria degli Angeli nelle Therme dove stanno li Reverendi Padri Certosini. Queste Therme da molti antichi Imperadori furono fabricate per diversi rispetti: come per bagni da lavarsi, come per luochi di giuocare, da studiare, da banchettare; et per d’altri simili; Et erano grandi dette Therme le migliara intiere et erano diverse, come furono diversi gl’Imperatori che le fecero fabricare: e pochi si vedono per essere state disfatte e dalle guerre e dal tempo; Solo son queste che maggiormente son conservate: E Papa Giulio III ordinò che sopra dette Therme si fabricasse una Chiesa molto grande; ma Iddio Benedetto lo volse levar di vita avanti de fornirla; Ma Gregorio XIII fece dare l’ultima mano e dedicarla a Santa Maria de’ gl’Angeli nelle Therme; e la consegnò, che dovessero officiarla li Reverendi Padri Cerosini, come ho detto di sopra, fabricando un bellissimo e grandissimo monasterio conforme al suo uso e modo di fabricare. Due Conti di Casa Ursina, che si nominavano Nicolò e Neapolione assegnarono una buona entrata a detto Monastero. E Papa Pio IV a 5 d’Agosto del 1561 venne in questa Chiesa col sacro Collegio de’ Cardinali e numeroso popolo e vi disse la Messa e dedicò le Therme in Santa Maria degli Angeli. E benché gli Angeli sono innumerabili; non di meno per una visione ch’hebbe un Sant’Huomo alli sette Angeli, che vidde in visione San Giovanni nell’Apocalisse ove disse: Vidi septem Angelos stantes in conspectu Dei. E per tanto principalmente fu dedicata questa Chiesa a questi sette Angeli: Il primo de’ quali è San Michele, il secondo San Gabriele; il terzo San Rafaele; il quarto San Uriele, il quinto San San Salatiele; il sesto San Giudiele, et il settimo San Brachiele. I tre ultimi Angeli sono quei tre, che apparvero ad Abraamo, annunciandogli, che dalla sua prosapia e lignaggio voleva Dio pigliare carne humana, per salvare la nostra natura perduta in Adamo. Il quarto Angelo qui descritto, fu quello che discacciò il primo nostro Padre Adamo dal Paradiso Terrestre. Delli tre primi tutti li Christiani n’hanno cognitione, e credo anche divotione. Tanto ho stimato bene d’alquanto distendermi; e per che causa sia dedicata questa Chiesa a Santa Maria degli Angeli et a quali Angeli in particolare sia appunto dedicata questa medesima Chiesa. Tra l’altre Reliquie che fece portare Pio IV quando consacrò detta Chiesa, fu quella di Santa Eulalia Vergine e Martire; Due sono Santissime Eulalie; non si sa mo’ di quale delle due siano queste Reliquie che si trovano in questa Chiesa. Vi stanno edificati 7 bellissimi Altari, come appunto sono li 7 Angeli principali a’ quali è stata dedicata questa Chiesa. Questa Chiesa è una delle più grandi che sono in Roma; ma ancora non è totalmente perfettionata: Vi sono 12 colonne senza comparatione più grandi di quelle due, che sono nella Piazza di Venetia, che sostentano il traverso, che sta in mezzo detta Chiesa.
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Ultimamente il sodetto Molto Reverendo Padre verso le 23 hore mi condusse alla Chiesa di Santa Maria Maggiore ad ascoltare le Letanie della medesima Madre Santissima Vergine Maria in musica nella sua Cappella, dove sta riposta la sua Imagine fatta da San Luca. Questa Cappella è molto spatiosa ed alta come qualsivoglia Torre e Campanile; in mezzo l’altezza della medesima Cappella vi sono due Organi et il sito da stare molti Cantori tanto da una parte quanto dall’altra; E radunato che fu il Popolo di diversa conditione: Primieramente v’era un Cardinale fra alcuni Canonici e molti altri Sacerdoti con la lor Cotta; v’erano parimente una buona quantità di varie sorti di Religiosi; come pure molti Gentilhuomini e Cavallieri che fossero, con altra quantità di Gente ordinaria. Subito quei Cantori come tanti Angeli incominciarono ad intonare il Chirie etc … con un’armonia sì dolce e sì sonora per la quale non possi far di meno di non incominciare a piangere per dolcezza: E quando venerò a cantare Santa Maria collò giù la bellissima coperta, con cui si cuopre della Imagine Santissima e tutti quanti con grandissima riverenza et humiltà si battessimo li petti dimandando perdono, mediante la sua intercessione a Dio Benedetto di tutti li nostri peccati. Poi seguitando que’ Cigni di Paradiso a cantare dette Litanie: ed essendo che staro tutto assorto, e quasi fuori di me stesso ad ascoltare quel docissimo e soavissimo canto, mai più in vita mia sentito un simile; e benché durò circa una ora: a me parse ne meno un miserere. E maggiormente si godeva quell’armonia per la distanza molto alta, che è dal pavimento della terra sino la su, dove stanno gl’Organi e Cantori: che in fatti pareva che quel soavissimo Canto descendesse dal Paradiso. E fornito di cantare le Litanie e l’Alma Redemptoris Mater ricopriono la Santa Imagine; e si dà fine da un Sacerdote, che dice l’oratione della Madonna. Et ogni Sabbato a tal hora si fa tal divotione con gran concorso (com’ho letto) di Gente.
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Alli 16 del medesimo mese di Genaro il sodeto Molto Reverendo Padre Agostino per mera sua carità mi condusse hoggi a veder e visitar insieme diverse Chiese. La prima delle quali si chiama Santa Maria Ara Coeli. E come questa bellissima maestosissima e grandissima Chiesa habbia acquistato questo Nome di Santa Maria Ara Coeli, bisogna che prima descrivi succintamente quella mirabil cosa, ch’avanti la Nascita di Nostro Signor Giesù Christo avvenne all’Imperatore Ottaviano Augusto d’alcuni folgori che spezzarono qui nel Campidoglio di Roma varie statue de’ Idoli, ma in particolare di Giove; et essendo in tavole di marmo scritte le leggi de’ Romani furono parte cancellate e parte confuse, e se ne conservano alcuni pezzi sino al tempo presente; Mostrando con ciò Iddio Benedetto, che sotto altre leggi voleva si governasse il Mondo; cioè: per mezzo di San Pietro Vicario di Christo e i Successori di Lui. Nato poi Augusto con opinione d’esser Figlio d’Apolline, che rivelava i secreti della divina providenza; grande fu la curiosità d’Augusto, pur esserne partecipe e conservandoli i libri delle Sibille in questo sito sotto terra, e che detto Augusto li leggesse, e raccogliesse quello che nella Tribuna di questa Chiesa fu dipinto; havendo predetto le Sibille che Dio nascerebbe d’una Vergine. E se bene al tempo d’Augusto erano tutte morte, non di meno si può dire, che da una mostrato li fosse un tal Misterio per le cose lasciate scritte da Lei. Essendo poi nato Christo Nostro Signore e trovandosi Augusto verso il fine de gl’anni suoi, desiderò sapere chi doppo di Lui governerebbe l’Impero: Perciò fece risolutione d’andare a Delfi e chiederlo all’oracolo d’Apolline, che ivi stava, e doppo molti sacrifici offertili, restando muto, alla fine piacque a Dio ch’a confusione di tutti l’Gentileomo, dicesse, non senza gran sdegno, queste parole nei seguenti versi:
Me puer Hebraeus divos Deus ipse gubernans
cedere sede iubet tristemque redire sub Orcum;
oris ergo dehinc tacitus abscendo nostris.
Ritornossene di poi Augusto con tale risposta a Roma, e considerando che drizzò un altatal risposta s’accordava con quello che nei libri delle Sibille haveva letto, qui drizzò un altare con questo soprascritto; Ara Primogeniti Dei.
Con ragione dunque s’è tenuta sempre memoria di questo luogo, ch’è poco discosto dall’Altar maggiore verso la parte dell’Evangelio sopra quattro Colonne una Coppola di marmo bellissimamente intagliata: ne altro ome si da a questa Santa Cappella che Ara
Si raccoglie l’antichità di questa Chiesa dall’Imagine della Madonna, che sta sopra l’Altar maggiore: poiché si tiene ch’Ella sia una di quelle, che San Luca dipinse. San Gregorio Papa fece portare in Processione questa sacra Imagine, come quella anco di Santa Maria Maggiore, et altre Imagini di gran divotione, e miracolose che si trovavano sin a quel tempo in Roma con l’occasione d’una grave pestilenza; e passando cone dette Sante Imagini il Ponte di Sant’Angelo, si udirono tre Angeli intonare, cantando l’Antifona: Regina Coeli laetare: alleluia; Quia quem meruisti portare, alleluia; Resurrexit, sicut dixit, alleluia. Et alla fine San Gregorio rispose: Ora pro nobis Domine Alleluia. E quello fu appunto nei giorni della Risurrezione di Nostro Signore Giesù Christo. La quale Antifona ha sempre usato di recitare nel tempo Paschuale doppo l’Officio Divino la nostra Madre Chiesa. Di più si vidde un Angelo sopra ‘l Castello, che nella man haveva una spada ignuda et insanguinata, e poi nettandola ritornolla nel fodero. Si conserva in questa Chiesa una pietra, sopra la quale apparendo quest’Angelo in Castello, vi lasciò l’orme de’ suoi piedi impresse. Si conserva parimente in questa bellissima Chiesa il Corpo di Sant’Antonio. Essenso questa Chiesa una delle 20 Badie di Roma, la tennero li Monaci di San Benedetto in fino al 1253 quando Innocentio IV ritenendo il gran frutto, che nella Chiesa di Dio facevano li Reverendi Padri del nostro Serafico San Francesco, gli chiamò a Roma e li diede questa Chiesa: ordinando che li Monaci per altri Monasterii loro si dividessero. Poi l’anno 1445 essendo li Frati divenuti Conventuali, Eugenio IV la diede alli Osservanti; cioè, al Beato, et ora Santo, Giovanni Capistrano. Questa bellissima e grandissima Chiesa sta edificata nel più bel sito di Roma sopra il Campidoglio, ha una Scala di 100 gradi, bellissima e maestosissima. Vi sono molte Reliquiedi vari Santi; ma perché non ci sono li loro Nomi perciò tralascio di descriverli.
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(Qui l’Autore descrive brevemente la Chiesa di San Pietro in Carcere e di Santa Martina Vergine e Martire)
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Mi condusse imediatamente il sodetto Molto Reverendo Padre alla Chiesa di Santi Cormo e Damiano, poco lontano da quella di Santa Martina. E subito entrati nella sudetta Chiesa vi sta ancora un’antichissimo Tempio di forma rottonda, già consacrato a Romolo e Remo, dove appunto lo fabricarono i Romani. Congionto al sopra detto Tempio rottondo, San Felice Pap; si crede di questo nome; fece fabricare questa molto bella Chiesa, dedicandola alli dui Santi Fratelli Martiri, Cormo e Damiano. Ma perché furono quattro Papi sotto questo nome Felice, non si sa certo, qual di loro fusse; questo ben certo, che Felice si chiamò; come mostrò già la Tribuna, nella quale si vedeva dipinto un Santo Papa al nome sotto di Felice; Ma per essere dett’Imagine per l’antichità guasta, vi fu sostituita l’Imagine di San Gregorio il Magno: perché forsi di sotto vi è un’Imagine della Madonna, quale, perché una volta San Gregorio passandole avanti sopra pensiero, si scordò, al suo solito di salutarla; sentì da quella uscir una voce, che con molta piacevolezza gli dimandò la causa del tralasciato saluto. È certo ancora, che questo Pontefice fu Proavo di San Gregorio; onde si raccoglie, che fusse Felice III ch’era della istessa Casa di San Gregorio. Poi non mancarono altri Pontefici secondo i bisogni di sistemarla, come appunto il detto San Gregorio l’annoverò tra le Diaconie, vi pose la Statione e fece l’Altar grande privilegiato. E San Sergio la coprì di piombo e sopra l’Altar maggiore fece il ciborio. Et Adriano I dopo d’haverla rifatta, l’arrichì di buon entrate, con molti doni. E Leone III rinovò il tetto e fecevi molte offerte. E finalmente Clemente VIII essendo caduta quella parte, che fu fabricata da Felice III, da fondamenti la ristorò et in più bella forma la ridusse. Si mantenne Collegiata sino all’anno 1503 nel quale Giulio II la diede a’ Frati Minori del nostro Serafico San Francesco. Li Tesori spirituali, che godè e possiede questa bellissima Chiesa sono li Santissimi Corpi primieramente di San Felice Papa II, fu inaspettatamente scuoperto il suo Sacro Corpo. Nell’entrar della nuova Chiesa a mano manca, sperando alcuni di trovar un tesoro, hebbero licenza da Sua Santità, che viveva in quel tempo di cavarvi, e scoprirono un’Area di marmo divisa in due parti. In una stavano i Corpi de’ Santi Marco, Marcelliano, e San Felix e Tranquillino: nell’altra quello di San Felice con questo soprascritto: Hic requiescat Sanctus Felix Papa et Martir qui damnavit Constantium haereticum. Gregorio XIII in honore di questi Santi fabricare nello istesso luogo una Cappella: nel fare i fondamenti havevano un altro nascosto Tesoro in due Casse pur di marmo: L’una haveva il Corpo di Sant’Abondio Prete: L’altra di Sant’Abondio Diacono martiri, quali furono portati alla Chiesa di Giesù. Sono qui per ultimo i Corpi de’ Santi Cosmo e Damiano, a’ quali fu dedicata questa Chiesa. Qui anche riposano li corpi di tre altri loro consoliari, cioè Antonio, Leontio et Eupressio.
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(Breve descrizione della Chiesa di Sant’Adriano)
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Poi andassimo a vedere e visitare insieme la Chiesa molto bella di Santa Francesca Romana, divotamente officiata dalli Reverendi Padri della Santissima Trinità del Riscatto. Il Corpo glorioso della medesima Santa sta riposto sotto l’Altar magiore in una Cappella sotto terra nobilmente fabricata con grande quantità di lumi, che sempre stanno accesi avanti il suo sepolcro: evidentissimo segno della gran divotione e riverenza, che questi benedetti Padri portano a questa gloriosa Santa; e non solo detti Padri, ma anco quantità di persone, che continuamente si raccomandano alla medesima Santa; come dalli molti Voti, che stanno appesi in detta Cappella si può concludere le gran gratie e miracoli che Ella ha fatti. In questa Chiesa è una cosa insigne da vedere e riverire: cioè, quella Pietra, sopra la quale San Pietro fece Oratione, quando Simon Mago, qui in Roma si voleva far stimare un Dio: ordinando a Demonii, che lo portassero per aria verso il Cielo: ma San Pietro, alla cui presenza prodigiosa, pregando il vero Iddio, li Demonii lo lasciarono cascare e rompere ambidue le gambe aciocché quel gan superbo, che haveva preteso volare verso il Cielo, non potesse ne men caminare per la terra. In quella Pietra, Dio, sopra la quale detto San Pietro fece oratione, le sue ginocchia restarono impresse come se fosse stata cera mole; e si bacciano con grande divotione e riverenza da tutti li fedeli Christiani, che vanno a visitare questa Chiesa. Vi sono molte Reliquie de Santi, ma per non sapere li loro nomi, tralascio di scriverli.
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S’incaminassimo poi alla Chiesa di Santa Maria de’ Monti; e si chiama con tal nome; perché sta situata tra duoi monti; uno si chiama Viminale: e l’altro Esquilino. Vivendo il nostro Serafico Padre San Francesco qui v’era un Monasterio di Monache sotto la Regola di Santa Chiara; Ma perché da sudetti Monti erano assai dominate, ne senza spesa d’alte mura si poteva impedire quella vista; poco dopo la morte del Padre San Francesco lasciato questo Monasterio, andarono a San Lorenzo in Palisperna. Si che restando profanato un loco tale: avvenne, che da poco rispettosi havesse ad un’Imagine della Beatissima Vergine, che v’hebbero quelle monache dipinta in un muro, riempiendo quella stanza di fieno: et Ella volendo che si honorasse, come conveniva, cominciò l’anno 1578 a 26 d’Aprile a risplendere con tanti miracoli, e gratie, che di limosine raccolte, non solo si fece una bella Chiesa con sacristia, et altre comodo stanze; ma sempre accrescendo la divotione de’ popoli infino a’ paesi lontani, s’è mantenuto pur di limosine un buon numero di Sacerdoti et altri Ministri, che la servono et officiano con gran decoro e pulitezza. E una delle Compagnie de’ Catecumini: e delle stesse limosine, che qui avanzano, sono soccorsi i Catecumini; A quali da Gregorio XIII fu la presente Chiesa per un tal fine unita; Et essendo stata questa Compagnia liberale nella fabrica, e culto di questa Chiesa della Madre di Dio, Ella continuamente gli ha corrisposto con larghissime limosine, e molti beni stabili. IlM Popolo Romano ogni anno nel sudetto giorno delli 26 d’Aprile l’honora con l’offerta d’un Calice e quattro torcie.
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Alla fine andassimo a visitare la Chiesa di Sant’Antonio Abbate per essere il giorno avanti la sua Festa, che ancora non avevano fornito di andare al Vespero; tanto soavemente e dolcemente lo cantavano che solevano e sapevano li spiriti e l’anime alla contemplatione delli canti et armonie celestiali. Questa bella et assai grande Chiesa era tutta tapezzata di bellissimi Damaschi con frange d’oro molto larghe. L’hospitale contiguo è stato quello, che ha fabricata questa Chiesa. Il Corpo di Sant’Antonio da Egitto fu portato in Alessandria; da Alessandria in Costantinopoli; da Costantinopoli in Viena; et alla fine in una Terra nominata Mata; là dove gli fu fabricato una bellissima Chiesa in honore del Santo e vi se ne trovano ancor qui in questa Chiesa delle sue Reliquie portate da Padri, detti di Sant’Antonio: come pure anche in altre Chiese della Città: E parimente di quella veste di foglie di palme, lasciata a Sant’Antonio da San Paolo prima <Romito. Qui pure vi sono delle Reliquie di San cassiano Vescovo: ma perché due vi sono di questo nome, et amendue Martiri, e nello stesso giorno a’ 13 d’Agosto: perciò non può sapere de’ due qual sia.
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Alli 17 del corrente mese non potendo venire il Molto Reverendo Padre nostro Agostino, mi mandò con nostro Fratello a visitare la Chiesa di San Pietro e ricevere l’Indulgenze, che ogni giorno si possono acquistare, ma in particolare hoggi, che a Vespro incomincia la Festa e Solenità della Cattedra di San Pietro. Con tal’ occasione a visitare tre altre Chiese. La prima Chiesa è stata la molto grande e molto bella Chiesa di Sant’Agostino; avanti la quale si fabricasse detta Chiesa, erano per più di 100 anni in Roma li Padri Eremitani di Sant’Agostino; Perché Papa Honorio IV che fu del 1285 li concesse la vicina Chiesa San Trifone. Gran tempo questi Padri habitarno in un piccolo Monasterio presso di quella Chiesa; in cui era una Cappella detta il Sancta Sanctorum, per le molte Reliquie, ch’ella conservava; E d’una assai pretiosa la volse arricchire Papa Martino V trasportando l’anno 1450 da Ostia il corpo di Santa Monica, Madre del medesimo Sant’Agostino; et il Pontefice vi recitò una bella Oratione in lode della Santa, raccontando alcuni miracoli fatti in quella translatione. E quantunque non fosse la detta Cappella rinchiusa in questa Chiesa, fu nondimeno come hora si vede, ornata con molta spesa: essendovi instituita una Compagnia simile Donne e di qualsivoglia natione vi possono entrare sotto il titolo di Santa Monica; Per mantenere la detta Cappella de’ necessari di Christiana pietà, che fanno ad imitatione dell’Avvocata loro, fu da Papa Eugenio IV confermata. Gratia maggiore lo stesso Sommo Pontefice concesse a questi Padri l’anno 1446 venendo qua da San Pietro in Processione con i Cardinali, Clero, e Popolo Romano a canonizzare San Nicolò di Tolentino, che fu di quest’Ordine. Poi l’anno 1585, Sisto V comandò, che in tutta la Chiesa ad honore di questo Santo si celebrano i Divini Officii. Doppo tanti favori di questi Padri ricevuti in quella piccola Chiesa e Monasterio di San Trifone, cominciarono l’anno 1470 a dare principio a questa maggiore sotto il titolo di Sant’Agostino; ma doppo anni piacque a Dio darli in protettione del Cardinale Guglielmo Estratovilla, detto Rotomagiense per l’Arcivescovado di Roano, che all’hora possedeva: il quale con animo grande e degno di quel sangue Regale da fondamento sotto d’un’altra più bella e capace forma la finì; E poi da Sisto V fu illustrata con Titolo de’ Cardinali, che prima haveva San Trifone. Il detto magnanimo Cardinale delle nude mura si contentò d’haver fatto fabricare di questa magnificentissima e bellissima Chiesa; ma anche la volse adornare e arricchire de molti e pretiosi doni; L’Imagine della Madonna, ch’egli presentò e consacrò a questa Chiesa è quella che sta sopra l’Altar maggiore. A Lui fu donata da certi Gentil huomini Greci, quando l’anno 1453, presa la Città di Costantinopoli dal Turco, vennero con Essa a Roma: e si tiene per una di quelle che San Luca dipinse. Certo è che tra le miracolose si può annoverare; Poiché l’anno 1455 essendo una gran peste in Roma, si liberò, portandola Innocenzo VIII in Processione da questa Chiesa a quella di San Pietro in Vaticano. Questa miracolosa gratia è rappresentata in varie figure di mezzo rilievo nell’ornamento di marmo, in cui sta riposta la medesima Santissima Imagine. Oltre il Corpo di Monica, ve ne sono molte altre d’altri Santi; come di San Longino e di San Guglielmo, con altri, de’ quali non si fa il nome loro. Santi Trifone, Respicio e Ninfa stanno nell’attacata Chiesiolla a questa di Sant’Agostino.
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Breve descrizione della Chiesa di Santa Maria Traspostina e della Chiesa di Santa Marta.
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Son smenticato di descrivere una delle più belle Chiese che già pocchi giorni ho visto e visitato qui in Roma: E questa è Santa Maria sopra Minerva. Hor dunque per sucintamente descrivere questa bellissima, grandissima e divotissima Chiesa: Si deve sapere prima, come detta Chiesa fu chiamata si Santa Maria sopra la Minerva: perché il Convento a quella congionto, è fabricato in parte sopra le rovine d’un altro Tempio di Minerva: et hoggi ancora appariscono li vestigii di quello in quel cortile apunto di detto Convento, che sta a drittura della porta su la strada, che va dalla Ritonda a San Mauro e ritiene il nome di Minerva Vecchia.
Fu fabricato questo Tempio da Pompeo in sentimento di gratie di molte vittorie havute in guerra a beneficio del Popolo Romano. La Chiesa poi (ma in forma minore) fu data da Zacharia Papa alle Monache di Campo Marzo, quando vennero da Gaetia a Roma: quali eleggendovi per sua Habitatione Campo Marzo, cedettero questa Chiesa A’ Reverendi Padri Domenicani. Questo seguì perché i sodetti Padri, che prima habitavano a Santa Sabina nel Monte Aventino, vedendo, che di la su era allontanata la Corte, e che non potevano più come prima essercitare l’officio della Predicazione concesso loro dalla santa Sede Apostolica, procurarono haver nell’habitato di Roma qualche luogo proportionato a detto fine. Per il quale non giudicarono a proposito ne anco la Chiesa e Luogo, d’Ara Coeli, offerto loro: se bene per altro di molto lor gusto e soddisfattione; Così dal sodetto Monasterio di Campo Marzo ottenero questa Chiesa, e luogo della Minerva sotto il Pontificato di Gregorio X quale commise al suo Vicario in Roma, che all’hora era F. Aldobrandino Cavalcanti dell’ordine di San Domenico, che in suo nome confermasse, come fece, la detta concessione, che fu nell’anno 1275. Ottenuto e hebbero detti Padri questo Luogo, di diedero a fabricarvi una Chiesa assai maggiore di quella di prima; et il convento appresso, tutto con aiuto e limosine di Persone pie. Finita la fabrica fu conservata e dedita la Chiesa alla Gloriosa Vergine Annontiata sopra Minerva. Nella Cappella del Rosario sotto l’Altar si conserva il Capo di Santa Caterina di Siena in un vaso di Pietra col suo coperchio di marmo, nel quale sta scolpito la figura della Santa. Le pitture di questa Cappella sono di mano di Marcello Venusti famoso pittore: l’Imagine della Madonna, che sta sopra l’Altare si tiene che sia di mano del Beato Giovanni da Fiesole, detto Pittore Angelico dell’Ordine dei Padri; Le sue Pitture opinavano, e spirano devotione; di modo che Michel’Angelo Bonarota, considerando la Faccia della Vergine Annonciata dipinta da quello nella Chiesa di San Domenico da Fiesole, disse: Io credo, che questo Frate vada in Cielo a considerare quuei beati volti e poi venga a dipingere qua fra noi. Mai si mise a pingere, che prima non facesse oratione. Mentre andava dipingendo l’Imagine di Nostro Signore Giesù Christo, andava insieme bagnando il suo Volto di lagrime. Le Teste della Santissima Vergine le dipingeva con le gioncchia in terra. Ricusò l’Arcivescovado di Fiorenza offertogli da Nicolò V et indusse il Papa a darlo a Sant’Antonio, quel tanto celebre Religioso, che con dottrina e santità illustrò questo Sacro Ordine. Sono in questa Chiesa fondate cinque Compagnie. La prima è del Santissimo Rosario; istituita già dal glorioso San Domenico, e divulgata per tutto il mondo. Ha questa Confraternita per instituto particolare la divotione alla Vergine Santissima e per questo recitano ad honor suo ogni settimana il Rosario: quale l’anno 1600 cominciò a recitare a’ Chori nel Chiostro del Convento di questi Padri tre volte la settiman; e poi per mezzo de Padre Timoteo de Ricci Predicatore molto insigne è stata questa santa usanza l’anno 1623, trasferita in Chiesa dove concorse nelli detti tre giorni innumerabile Popolo dell’uno e dell’altro sesso a recitarlo, come s’è detto a Chori, da una banda intonando gl’uomini e dall’altra le donne. Questa Compagnia del Rosario è tanto propria et annessa alla Religione di San Domenico, che dovunque piglia qualche Convento, imediate senz’altra spedizione di Bolle, nella Chiesa di quel Convento s’intende eretta detta Confraternità.; E dovendosi in altra Chiesa, che non sia della detta Religione: il Generale di quella ne spedisce le Bolle. La seconda Compagnia è della Santissima Annunciata, qual’hebbe principio da Frate Giovanni Terrecremata Spagnuolo di quest’ordine: prima Maestro del Sacro Palazzo, e poi Cardinale, Persona a tutto ‘l mondo nota per la sua gran dottrina e santità. Questa Confraternità fra l’elemosine datele da detto Cardinale, et altri in sucesso di tempo, è arrivata hoggi dì a tanta ricchezza, che marita ogni anno nel giorno della Santissima Annonciata 300 Zitelle, fra quali, a quelle, che vogliono monacarsi da 100 scudi, et ad altre 200. E quest’opera tanto stimata da’ Sommi Pontefici, che in tal giorno vengono in persona col Collegio de’ Cardinali, e con Cavalcata solenne a far Cappella in questa Chiesa; dove tutte le Zitelle dotate vanno processionalmente vestite dall’istessa Compagnia tutte in bianco a bacciarli i suoi piedi. Cinque volte l’anno fa maritaggi questa Compagnia. Non si ferma nel Il primo della Natività della Madonna; la seconda Domenica di Maggio a nome della Festa di Santa Caterina di Siena; il giorno di San Valentino martire; il giorno della Annonciata; il giorno di Santa Parssede; E questo in conformità delle disposizioni fatte da diversi Testatori: Il giorno poi di tutti i Santi da’ mangiare a 12 poveri. Il frutto di questa sant’opera non si ferma nel sovenimento corporale delle gitelle, che marita, ma passa più oltre: poiché dandosi la dote solamente a quelle, che dano buon sagglio di se nell’honesta, fa che da suoi parenti siano tenute con molta custodia; e non solo fa questo mentre son gitelle, ma dopo che sono maritate ancora. Poiché a quelle che non si potano bene in questo stato, le vien levata la dote, quale a quest’effetto si dà con obligo di rinvertire o con idonea sigurtà. La terza Compagnia è del Santissimo Sacramento instituita già da Frate Tomaso Stella. Fu questo Padre anche lui dell’Ordine di San Domenico famoso Predicatore, e Fondatore di molte opere pie in questa Città di Roma. A spese di questa Compagnia fu fatto in questa Chiesa il primo Tabernacolo per tener il Santissimo Sacramento, non già quello, che si trova al presente che è ancora maggiore. Questa è stata la prima Arciconfraternita del Santissimo Sacramento: e da questa hanno imparato tutte Sacramento a tener il Santissimo Sacramento con maggior decenza di quella si teneva prima. E però dopo la Processione, che fa il Papa il giorno del Corpus Domini, questa Confraternita con li suoi Padri di San Domenico fa la sua nel giorno seguente, nel quale non se ne fa alcun’altra; e si in questa come in altre Processioni, che fa, porta il Padiglione o Confalone, come le Chiese Patriarcali di Roma. E dotata in oltre d’infinite Indulgenze e privilegi. La quarta Compagnia è del Nome di Dio, in altro Tempo, della Santissima Trinità, instituita già da Frate Diego di Vittoria del detto Ordine, Spagnollo, Predicatore insigne: qual hebbe passione di tor via per mezzo d’essi fratelli l’abuso delle bestemmie e spergiuri. Il Generale dell’Ordine spedisce le Bolle per le aggregate. Celebra la sua principal festa nel giorno della Circoncisione: nel quale dota alcune Zitelle et è stata arrichita da Sommi Pontefici di molt’Indulgenze e prerogative. La quinta è la Compagnia del Santissimo Salvatore incominciata da un divoto Converso pur Domenicano, chiamato San Vicenzo da Pelestina nell’anno 1596 sotto nome all’hora della purità; perché hebbe principio in alcuni fanciulli nobili, e divoti; ma per la seguente occasione li fu mutato il nome, e cominciata a chiamarsi del Salvatore. Nella Cappella delle Sante Agata e Lucia era un’Imagine del Salvatore, alla quale per molti miracoli, e gratie che incessantemente faceva cominciò a inviarsi con gran concorso il popolo, e crescendo ogni dì più la divotione, Frate Ambrogio Branzi Romano per ordine del Padre Superiore di questo Convento, havendo pigliato cura della sodetta Congregatione la convertì in una Compagnia de’ fratelli, e sorelle sotto il titolo del Salvatore ad honore di questa sant’Imagine. Celebra la sua principal Festa nel giorno della Trasfigurazione: nel quale marita Zitelle, e libera un prigione per la vita: e tal volta se ne libera due e tre, come avvenne l’anno 1600. Si crede che detta Imagine sia di mano di Raffaele d’Urbino. Dalla Cappella e Santa Lucia fu trasferita per ordine di Clemente VIII, nella Cappella de Maffei, hora detta del Salvatore: e prima era di San Sebastiano: E come Archiconfraternità ha facoltà d’aggregare molte altre con l’istesse gratie, privilegii e Indulgenze, che sono grandissime: Sono in questa Chiesa sepolti oltre di 40 Cardinali, anco 4 Pontefici: nel Choro Leone X e Clemente VII: Nella Cappella del Caraffi Paolo IV. In quella dell’Annunciata Urbano VII. Le sepolture de’ quali sono ornate di Statue di valentissimi huomini: Leone X è di mano di Raffael di Montelupo: e Papa Clemente di Giovanni Baccio Biseio: le quattro statue a lato di detti Pontefici, sono di Baccio Bandinelli. La sepoltura e Statua di Urbano VII è di Ambrogio Bonvicino Milanese. Vi è anco la sontuosa Cappella de’ Signori Aldobrandini fabricata da Clemente VIII arrichite di superbissime pitture, e Statue, che muove a maraviglia ogn’uno, che la mira. Tra le Reliquie proprie di questa Chiesa si può mettere un ginocchio di San Vincenzo Ferrerio, e la sua Bibia, con alcune note, come si crede, di sua mano.: Una Reliquia di San Giacinto che fu canonizato da Clemente VIII. Due sono Imagini dipinte in tavola indorata ornata attorno di molte Reliquie, trovata nell’Oratorio di Santa Caterina di Siena, quando morì, hereditate da questi Padri. Nella Sacrestia sopra la porta, si conservano li due Cardinali Frate Latino di Casa Frangipani, comunemente chiamato frate Latino Orfino della Famiglia della Madre; e di Frate Matteo Orfino pure del medesimo Ordine. Frate Latino fu Religioso molto osservante, Dottore di Teologia e Leggi eccellente, Predicatore eloquentissimo il quale per la santità della vita fu molto illustre: a si tiene, ch’Egli componesse la Sequenza de’ Morti; Morì in Perugia l’anno 1294 ed il Corpo suo fu qua trasferito. Frate M atteo ancora fu insigne per dottrina e bontà; morì in Avione nel 1341 e qua fu trasferito il suo Corpo. Sotto l’Altare del Christo alla Colonna sta il Corpo del Beato Giovanni da Fiesole Pittore: che per la sua eccellenza acquistò nome di Pittore Angelico. In questo Convento sono stati fatti due Conclavi, et in essi eletti in Sacrestia due Pontefici. Eugenio IV e Nicolò V. Havrei molte cose a dire intorno alla Chiesa et Huomini insigni di quest’illustrissimo e Divitissimo Ordine del Patriarca San Domenico; ma sono tanti che non me lo comporta questa succinta narratione. Si deve sapere per ultimo, che in questa Chiesa è un Tesoro spirituale d’infinite Indulgenze, che da diversi Pontefici sono state concesse in diversi giorni dell’anno, conforme a’ meriti di questa mai a bastanza lodata Religione.
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(Brevissima descrizione della Chiesa di Sant’Eustachio. Descrizione più ampia della Chiesa di San Mauro in Vallicella. In questa descrizione è inserita in brevi tratti la vita di San Filippo Neri)
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Pi si portassimo alla Chiesa di San Marco. Se in questa Chiesa fu consacrato Prete San Marco, che poi fu Papa, bisogna che Ella fosse di quelli antichi titoli, che si fecero nel tempo delle persecuzioni per lo ministerio de’ Sacramenti. Venendo San Marco con San Pietro Apostolo a Roma, ad istanza de’ Romani scrisse in Latino il suo Evangelio: si come in Hebreo haveva scritto San Matteo, et in greco San Luca. Quanto poi al Pontefice Marco, se ben’ Egli un anno solo governò la Chiesa; nondimeno perché sotto di Costantino molto potevano li Pontefici Romani, aggrandì questo titolo e l’arrichì di buon’entrate e fossi ch’Egli avanti il Papato l’hebbe da San Silvestro. Dedicò ancora al Salvatore un’altra Chiesa, che poi di Santa Sabina fu eletta: E lì essendo uno de gl’antichi cimiterii de’ Martiri, lì volse esser sepolto Lui; ma tosto fu trasportato a questa Chiesa, di cui era tanto benemerito. Per ordine di questo Santo Pontefice si tiene, che nella Messa fosse posto il Credo, composto dal Concilio Niceno; e fu detto Simbolo della Fede. Il giorno di San Marco Evangelista si fa la Processione da questa Chiesa sin a San Pietro nel Vaticano, cantando le Letanie Maggiori. Adriano I che fu nel 772 rinovò il tetto di questa Chiesa e con portici la cinse d’ogn’intorno. Due altri Pontefici, che l’hebbero in titolo, vi lasciarono di sé gloriosa memoria. Del 883 Gregorio IV la rifece da’ fondamenti; e del 1464 Paolo II portaci la mandò avanti il suo Pontificato, la compì di poi col Palazzo a canto; dove il tempo d’estate venivano ad habitare; Successori suoi, in sino a Sisto V che nel monte Quirinale ritrovò sito migliore. Benemeriti pur furono di questa Chiesa due Cardinali, havendola anch’Egli in titolo, Domenico Grimani Venetiano, et Agostino Valerio Veronese; Quello di pitture l’adornò, e questo il Choro; quello rifece il pavimento, e questo cinse di bei lavorati seggi di noce lo stesso Choro per li Canonici, che sempre l’hanno tenuta con la cura d’anime. Nell’ottava del Santissimo Sacramento qua viene il Popolo Romano ad afferire un Calice, e orcie e poi accompagnano la Processione; e nello stesso giorno alcune volte si maritano Zitelle dai Contestabili; questo nome d’alcuni Soldati, che in tempo di Sedia vacante accompagnano il Caporione, e di quattordeci che sono, a ciascuno si dano venti; del qual’officio havendo questi Soldati alcune utilità straordinarie, si contentavano d’impiegarle nella sodetta opera pia. Circa le Reliquie di questa Chiesa vi sono primieramente i corpi de Santi Abdon e Sennen Persiani Martiri. Due Reliquie di San Marco Evangelista; cioè parte del Corpo, e d’un braccio, havuti dalla Serenissima Repubblica di Venetia Paolo II, che appunto era Venetiano e le pose in questa Chiesa di San Marco. Tiene il Venarbil Beda, che San Marco fosse uno di quei Sacerdoti dell’antica legge i quali doppo l’Ascensione del Signore vedendo convertito tanto popolo in Gerosolima, abbracciarono ancor’essi la fede, come scrisse San Luca. Figlio suo chiamò l’apostolo San Pietro questo Santo Evangelista. Scritto c’hebbe l’Evangelio per compiacere a fedeli di Roma, et approvandolo San Pietro; gli parve bene farlo Pastore della Chiesa Alessandrina in Egitto, ch’era in quei tempi doppo Roma, un altro teatro del mondo concorrendovi gente innumerabile dall’Asia, Africa, et Europa. Colà dunque mandandolo San Pietro, cominciò il Santo Evangelista a risplendere con molti miracoli, e conversione de’ popoli: del che sdegnati i sacerdoti de gl’Idoli, strascinadolo con funi, lo fecero prigione, et apparendogli Nostro Signore lo salutò con quelle parole: Pax tibi Marce Evangelista meus. Ma da medesimi Sacerdoti fu nel seguente giorno coronato di martirio. Poi gettato in un gran fuoco, da subita e furiosa tempesta fu estinto; il Sacro Corpo poi fu da suoi discepoli honoratamente sepelito. Avenne dopo ‘l 820 che Leone Armeno saccheggiando l’Egitto e profanando i luoghi sacri con farne superbi Palazzi, fossero da una fortuna di mare gettati in Alessandria; alcuni Mercanti Venetiani presero di nascosto il Corpo di San Marco, e di subito fatto vela fuggirono con un si pretioso Tesoro, et a salvamento lo portarono a Venetia, e subito lo nascosero e sopra vi fecero una bellissima e grandissima Chiesa, talmente che doppo lungo tempo non sapendosi in qual parte d’essa fosse riposto, pregandolo con molt’oratione, si degnò manifestarli il 1094 a 25 di Giugno. Perciò la Chiesa di San Marco in Venetia di tale miracolosa Inventione fa festa in quel giorno; E per singolar Protettione tiene la Repubblica San Marco; e per insegna sua lo prese, rappresentandolo nel geroglifico d’un Leone, che sotto il piede ha scritto quelle parole che nella pregione gli disse Nostro Signore Giesù Christo: “Pax tibi Marce Evangelista meus”..
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(Qui l’Autore parla assai ampiamente della Chiesa di San Marcello Papa)
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(Brevissima descrizione della Chiesa di Santa Maria in Via e nel capo seguente quella più ampia di Santa Maria del popolo, dove si ferma a lungo a parlare di Nerone)
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Andassimo poi a visitare la bellissima Chiesa di Sant’Andrea a Monte Cavallo de’ Reverendi Padri Giesuiti. Questa Chiesa Giovanni Andrea Croce Vescovo di Tivoli donola al sito congiunto al Padre Francesco Borgia (hora Santo) Generale della Compagnia di Giesù per il Novizziato di questa Provincia di Roma, ma la Chiesa fu dai fondamenti rifatta, e dotata dalla Duchessa D. Giovanna d’Aragona, e Moglie d’Ascanio Colonna. Si conserva in questa Chiesa il Corpo del Beato Stanislao Costka.
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(Qui parla dell’A. della Chiesa di Santa Maria in Trastevere allungandosi però in alcuni fatti storici)
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Brevissima descrizione della Chiesa di San Grisologo
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(Descrizione assai ampia di Santa Cecilia in Trastevere)
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S’incamminassimo poi alla Chiesa del Padre San Francesco Trastevere, nella qual’Officiano li Padri Zoccolanti dell’osservanza: essendo Monasterio antico sino nel tempo del medesimo Santo Padre, et ancora si conserva per memoria una povera Celletta, nella quale il Serafico Padre se ne stava: et hora con quella celletta del suo Compagno è fatto una Cappella assai angusta. Vi si ritrova qui una pianta di Melarancii, che si gloria d’essersi posta da quelle mani che Nostro Signore trafisse con meravigliosi chiodi il Serafico Padre San Francesco: poiché ella produce tutti i frutti attaccati al piccolo cinque bottoncini. Sono anche nell’istesso luogo di quelle spine, tra le quali s’involle nudo il medesimo Serafico Padre per conservar il pretioso tesoro della castità: et anco di quelle di San Benedetto; che pur anch’Egli per tal’effetto si rivolse nelle medesime. Un’anno avanti che in Assisi fosse fabricata la Chiesa del Padre Serafico Francesco, qui in Roma si fece questa, et a canto vi fabricò il Monasterio il Conte Redolfo dell’Anguillara, per esser di quest’Ordine Serafico devotissimo; et anche assai dimostrano esser le pitture attorno al chiostro, dove si rappresentano quelli, che lasciate le Corone, e Scettri, vestirono il povero Habito del Nostro Padre San Francesco. Il Choro poi dela Chiesa fu nel 1601, rinovato da Monsignor Briscia; e nel 1603 Alessandro Viperesco Nobile Romano aggrandì il Monasterio con una commoda infermaria; et alla fine vi prese l’Habito. Qu ivi si trova un Braccio di San Diego. Nella Cappella della Famiglia Anguillara sta il corpo della Beata Ludovica Mattei Nobile Romana. Vi sono molte altre Reliquie de’ Santi, che non ho potuto saper il nome, e per tanto tralascio de descriverle.
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(Con tre brevi capitoli l’Autore descrive la Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio di San Bibiano e Sant’Eusebio)
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E poi il medesimo Molto Reverendo Padre mi condusse a San Vito. Questo Santo Fanciullo nacque nella Basilicata di Padre gentile, et infedele: fu da San Modesto, e Santa Crescentia si bene allevato nella Christiana religione e pietà, che ad imitazione del Signore giopnto ai 12 anni confondeva chiunque alla dottrina li volesse insegnare. Et havendo per la Fede patito molti tormenti, fu da un’Angelo con i Santi Modesto e Crescentia condotto in isconosciuti paesi; ma da un figliuolo dell’Imperatore Diocletiano, che da maligni spiriti era posseduto, fu sforzato venir a Roma; Dove havendolo liberato, in luogo di riconoscere un tanto beneficio, lo fece tanto crudelmente stirare su l’eculeo con i Santi Modesto e Crescentia, che se li vedevano l’interiora. Da si crudo tormento vennero gli Angeli a liberarli, e li portarono a morire nella Basilicata lor patria. Nello stesso punto tremò di maniera questa Città di Roma, che vedendo l’empio Diocletiano cadere alcuni Tempii de gl’Idoli, si diede a fuggire, e di rabbia gridava, che vinto l’haveva un fanciullo. E finite le persecutioni, che poco più durarono, quivi dedicarono ai Santi Vito e Modesto la Basilica di Sisinnio Cittadino Romano in lor Chiesa. Li Corpi poi de’ Santi Vito, Modesto e Crescentia, che sul spirare nell’Eculeo (come di sopra ho detto) li portarono gli Angeli di Roma nella Basilicata; di là col tempo furono trasportati a Roma: il modo però et il quando non si sa. Da Roma parimente furono trasportati in Francia l’anno 751 e consegnate ad un Monasterio di San Dionisio in Parigi. Poi nell’836 essendo già per mezzo di Carlo Magno ridotta la Sassonia al vero culto di Dio l’Abate d’un Monasterio detto Corbeio andò a Parigi, et intendendo i gran miracoli, che per mezzo di San Vito sperava Iddio Benedetto, l’ottenne dal Re per il suo Monasteri. De gl’altri due Santi Modesto e Crescentia non si sa quando furono levati da Roma: questo è certo, che l’anno 1221 furono trovati in una Chiesa di Sant’Andrea in un luogo detto Levante: Poi da tre Vescovi furono trasportati in Giraccia: ma in qual parte del Mondo si trovino questi luoghi, non si sa: si conservano però delle Reliquie loro in diverse Chiese di Roma, e probabilmente in questa. Ve ne sono altre Reliquie, ma non si sanno li nomi.
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(Descrizione breve della Chiesa di San Martino al Monte della Pietà).
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S’incamminassimo poi alla Chiesa di San Pietro in vincoli. Questa è una delle belle e grandi Chiese che sono qui a Roma. Fu dedicata la presente Chiesa alle Catene di San Pietro il 1439 che fu l’ultimo di San Sisto III. L’occasione di questa dedicatione ne diede al Papa il seguente fatto. Harra Eudocia, moglie dell’Imperatore Teodosio nell’Oriente fatto voto a Dio che se le nozze di Eudossia sua figlia sortivano con l’Imperatore Valentiniano in Roma, di visitar i luoghi di Terra Santa. Ottenuta la gratia et andatasene a compir il voto, si trattenne per qualche tempo in Gerosolima, dove ristorò le mura della Città, fabricò Monasterii, et una Chiesa al Santo Protomartire Steffano. Però nel partirsi, fu di tanti beneficii ricompensata col dono di quelle due catene che strinsero San Pietro in Gerosolima. Ritornata che fu a Costantinopoli, ripose nella Chiesa di San Pietro una di quelle catene; l’altra mandò qua a Roma alla Figliuola Eudossia: Et Ella havendola portata a mostrare a San Sisto Papa, ne ricevé sommo contento: poi fattosi portare quella con la quale era stato incatenato San Pietro in Roma nel Carcere Mamertino incontrandole una coll’altra, vennero ad un tratto a concatenarsi da se stesse insieme, de maniera che parevano una sola catena. Non è però così manifesto a tutti come si trovasse la catena di Roma; perché levata che fu da San Pietro, quando lo scarcerarono per condurlo a crocifissione nel Montorio, stete nascosta insin all’anno 132. Nel qual tempo essendo Sant’Alessandro Papa sotto la custodia di Quirino. Balbina sua figluola la quale il Santo Pontefice haveva sanata da una grave infermità, non si satiava di baciare i ceppi del Santo Pontefice; All’hora il Santo le disse che cercasse la catena di San Pietro, che nel bacciare quella, n’havria ricevuta molto maggiore consolatione. Questo disse a Santa Balbina: perché suo Padre Quirino essendo soprastante alle prigioni, poteva facilmente haverne qualche luce; come fu; onde trovata che l’hebbe Santa Balbina conservolla insino che visse: e poi nella morte sua la lasciò a Santa Teodora sorella di Sant’Hermete Prefetto di Roma. È poi da credere, che passate le persecuzioni dei tiranni venisse alle mani di San Silvestro, e la riponesse dove il Santo Apostolo fu prigione: hoggi detto San Pietro in carcere. Ne meno dal vero s’ha da tener lontano, che la memoria di questa sacra Catena si celebrasse per instituzione del medesimo San Silvestro che a ciò si mosse a’ prieghi di Costantino Imperadore il primo d’Agosto, per levare alcune solennità gentilesche, che in quel giorno si celebravano. Fu il primo giorno d’Agosto apparso ai Romani giorno molto festoso; Prima perché Augusto in quel giorno haveva riportato vittoria di Marco Antonio, e Cleopatra, et haveva havuto il Consolato; e nello stesso giorno nato Claudio Imperatore; e consacrato un Tempio a Marte. E perché la principal festa era in honore d’Augusto Imperadore, tutti gl’altri Imperadori, che a lui succedettero, celebravano tal giorno come festa propria per il nome, che tutti pigliarono, Augusto. Ma Costantino volle cedere tal’honore al Principe degli Apostoli più degno di qualsivoglia Imperadore. Quando poi sudetto miracolo di questa catena con la Gerosolimitana in una si fece, volse Eudocia fabricare per eterna memoria d’un tanto fatto la presente Chiesa, dove si riponesse un Tesoro tale. Fu detta Chiesa annoverata tra’ Titoli de’ Cardinali da San Leone III. Crebbe tanto la divotione verso di queste sacre catene che gli stessi Principi, o Regi tenevano per gratia singolare haverne da Pontefici qualche limatura. Quanto a ristori fatti a questa Chiesa si trova che il primo fu di San Pelagio, creato Pontefice l’anno 555. E sotto l’Altar maggiore pose, Corpi dei 7 fratelli Macabei, i quali erano prima in qualche altra Chiesa di Roma: perché Leone I dice, che erano visitati con molto concorso di popolo, avanti alla fondatione di questa Chiesa. Celebravasi la solennità di questi Santi insin al tempo de’ Santi Dottori Gregorio Nazianzeno, Chrisostomo, Ambrogio e Agostino. Et i Christiani d’Antiochia, dice Sant’Agostino, gli fecero una Chiesa: è forsi che portarono; loro Corpi da Gerosolima qui in Roma. Fu illustrissima la Famiglia de’ Maccabei, le cui gloriose imprese stanno spiegate nelle divine letture in due libri, che sono gli ultimi della Sacra Scrittura, avanti la venuta del Redentore; E sopra tutti risplende la fortezza di questi 7 fratelli, e della lor madre, la quale havendoli esortati a patir animosamente per Dio; poi li fu compagna nella corona del martirio. Però di Salomona ne hebbe meritamente il nome; et il suo primo figlio fu detto Macabeo, il secondo Abere, il terzo Machire, il quarto Giuda, il quinto Acare, il sesto Arate et il settimo Giacomo. Così li nomina Giuseppe Hebreo. Quanto sia questo sacro Tempio stimato da >Dio, lo dimostrò l’anno 680 in cui doppo l’eclisse del Sole e Luna seguì per tre mesi in Roma una si gran peste, che se durava più morivano tutti. Videro alcuni andar di notte un’Angelo col demonio, e nel passare avanti la casa di questo e di quello, tanti la mattina seguente morti si trovavano in essa, quanti altri nella porta, per comandamento dell’Angelo dava il demoni, come un spiedo da cacciatore. Si mosse finalmente a compassione de’ Romani il misericordioso Dio; e rivelò, che cessarebbe il castigo, se in questa Chiesa dedicassero un’Altare al suo glorioso martire San Sebastiano; Et è de qua nata la divotione in altre Città, d’invocare questo Santo in tempo di peste e farli voti, e drizzarli Altari e Chiese. Un’altra volta fu questa Basilica ristorata da Papa Adriano I che fu del 772. Et altri Romani Pontefici qui lasciarono di loro degna memoria: tra quali risplende molto quella di San Gregorio il VII, in cui, essendo fanciullo, dio, mostrò, che ad un tanto grado lo voleva inalzare, ancorché fosse nato d’un falegname in Soana di Toscana, quando un giorno sedendo a piè del padre, che spianava le tavole delle tacchie formò le seguenti parole: Dominabitur a mari usque ad mare. E con tutto che venuto in età fuggendo il mondo, si facesse Monaco dell’Ordine Cluniacense, nondimeno la Chiesa Romana lo giudicò a proposito di servire in molti e gran maneggi, si fuori come dentro di Roma. Onde morto Alessandro II 1073, regnando nella Germania Henrico mal cattolico, e temendosi, ch’egli non aggiongesse nuove indignità alle passate; ad un tratto qua venne il Clero di Roma et elesse che detto Gregorio, che per haver il titolo di questa Chiesa, vi habitava con molta humiltà, e con pensieri lontanissimo d’un si sublime Grado: poiché sempre ad Henrico, si consentiva alla sua elettione, l’havrebbe castigato, ma gli rispose dimandandoli perdono, con promessa d’emendarsi, vedendo che Dio l’haveva eletto; e se mancò della sua parola, punto ancor fu il Pontefice a dimostrare il suo valore; benché alla fine Henrico aiutato da pari sui, venisse a Roma, e si facesse incoronare da un Antipapa: onde San Gregorio ritiratosi a Salerno, vi morì chiaro di molti miracoli; e trovandosi il suo Corpo intiero, fu riposto in un degno sepolcro dall’Arcivescovo di quella Città. Havendo anche havuto questo Titolo Papa Giulio II e ch’essendo Cardinale, fu Protettore de’ Canoni Regolari di San Salvatore, li fece venire a questa Chiesa, dandoli per lo Monasterio le stanze del Titolare; Et anco dopo che fu assunto l’anno 1508 al Pontificato, non mancò di ristorare la Chiesa: e voleva essere sepolto in un sepolcro fatto per mano di quell’eccellente Scultore Michele Angelo Buonarota, che pur si vede in marmi bianchi, e da tutti ammirato; ma il Corpo del Pontefice mai si levò da San Pietro in Vaticano.
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(Seguono due capitoli che parlano delle Chiese di Santa Maria della Purificazione e Santa Maria del Pianto)
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Poi s’incamminassimo alla Chiesa di San Carlo, la quale è de’ Padri della Santissima Trinità del Riscatto che venendo a Roma da Spagna, là dove sta fondata la sua Congregazione, diedero principio a questa fabrica l’anno 1612 et a tre di Giugno il Cardinal Ottavio Badino loro Protettore vi celebrò la prima Messa. Oltre il riscatto de’ Schiavi, questi buoni Padri s’impegnano ancora in procurare la salute de’ prossimi per via di Prediche e ministerii de’ Sacramenti. Essendo questa Congregazione, o Religione si chiama, del Riscatto parte de’ Reformati, parte de’ non Reformati; Ordinò Papa Clemente VIII che di tutti fosse un solo Generale e che non havesse ad impedire i Reformati di non accettare proprii Monasteri, a quali potessero ammettere altri non Riformati dello stesso Ordine, fatto c’Havessero il solito Noviziato d’un anno. E caso che non perseverasse alcuno in tal osservanza simile a quella prima, che approvò Innocenzo III, concedevagli che passasse all’Ordine solo de’ Certosini. Ma poiché colla Divina Gratia essendo cresciuti questi Riformati della Santissima Trinità del Riscatto, Paolo V gl’ha concesso, che s’eleggano un proprio Generale; e li ha posto nel numero de’ Mendicanti. E per troncare ogni humana abitatione, e conservarsi per sempre in vera humiltà, hanno per questo voto di non accettare alcuna Prelatura, non solo fuori dell’Ordine loro, ma neanche nella Propria Religione: caso che fossero (…..) Da chi si può comandare.
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(Segue un capitolo in cui parlando della Chiesa di Santa Maria in Vialata, l’Autore si ferma ampiamente a parlare della carcerazione di San Paolo)
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Andassimo anche alla Chiesa di Sant’Isidoro: la quale officiano li Padri dell’Osservanza dell’Isburnia, havendo Papa Gregorio XV l’anno 1622, canonizato cinque Santi; tra quali fu Sant’Isidoro, vennero dall’Isburnia? alcuni Religiosi del nostro Serafico San Francesco, e qui furono posti in questa Chiesa e Monasterio. Fiorì questo Sant’Isidoro circa 1150, nacque di parenti poveri in Madrid, ma di molta pietà e divotione: e però in ogni virtù Christiana allevarono il figlio loro. Venuto in età, s’acconciò con un padrone per bifolco, et insieme haveva moglie. Avvenne un giorno che fosse accusato al Padrone, che per attendere troppo alle sue divotioni, mancava nella cultura di campi, del che sdegnato molto , l’andò con molta furia a ritrovare; Et ecco, che lo trovò nel mezzo di due giovani, ciascuno col suo arato a lavorare il campo; avvicinandosi poi il Padrone, altro non vidde, che solo Isidoro, giudicò, che quelli altri due fossero Angeli, che l’aiutavano. Questo Padrone un’altra volta trovandosi pur nel Campo con Sant’Isidoro, gli espose, ch’aveva sete, e al Santo verso una certa parte gli mostrò, che troverebbe dell’acqua; corse di subito il Padrone, ma trovando tutto secco il terreno, come schernito indegnossi molto; et il servo di Dio con allegro viso colà inviandosi anch’Egli, ferì la terra con il pungolo, che adoperava a spingere li buoi, e di subito n’uscì un chiaro fonte la cui acqua, che sin hora dura, guarisce varie infermità. Doppo 400 e più anni trasportandosi il suo Santo Corpo fu trovato intiero e ne spirava un soavissimo odore; e d’allegrezza suonarono da sé tutte le campane di Madrid; e3 molti altri miracoli ne seguirono a beneficio de gl’huomini, e gloria del santo, e maggiormente gloria di Sua Divina Maesta per tutto ‘l giro dell’Eternità.
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Alli 10 del presente mese di Febraio il Molto Reverendo Padre Agostino dalla Tisana mi condusse a visitare diverse chiese. La prima delle quali è stata quella di San Gregorio nel Monte Celio. Questo Monte Celio fu chiamato tale, perché un valoroso Capitano, che stava sopra questo Monte, si chiamava Celio. Sopra il medesimo Monte fece un bellissimo Palazzo l’antichissima e nobilissima Famiglia degli Anitii, nominati poi Frangipani: Perché verso i poveri osservarono quello, che disse Esaia: Frange esurienti panem tuum. E grand’occasione hebbero d’essere liberali co’ poveri perché tante erano le sue facoltà, che passo in proverbio: le ricchezze de’ gl’Anitii Frangipani. Di questa Famiglia nacque San Gregorio, il qual morto suo Padre Gordiano, fondò questa Chiesa con un Monasterio nel suo Palazzo e Cortile: vi fece quattro Altari oltra l’Altar maggiore. E si tiene che detti quattro Altari fossero consecrati per l’Anime dei Morti da San Gregorio; e che la Cappella di quello, che è nella cima del cantone a man dritta fosse la di Lui Cella, e pure, dove soleva dir la Santa Messa avanti il Papato vivuto in questo suo Monasterio sotto la Regola di San Benedetto: et hebbe due Abbati, a’ quali fu suddito, Hilarione e Massimiano, a’ quali Egli poi successe. La divotione delle 30 Messe di San Gregorio hebbe origine del seguente fatto. Un Monaco detto Giusto ammalato a’ morte confessò di tenere nascosti tre scudi: il che essendo stato riferito a San Gregorio, ordinò che nessun Monacho lo servisse più in quell’infermità, da un solo suo fratello secolare in poi. Morto che fu lo fece sepelire con quelli tre scudi a terrore degli altri; ordinò poi, che per 30 giorni continui si celebrasse la Santa Messa per esso: nel fine de’ quali apparve tutto risplendente al fratello suo carnale. Di qua nacque nel popolo fedele una particolare divotione, che sin hora si mantiene di far dire per un defonto 30 Messe e di visitare questa Chiesa da secondo dì de Novembre (giorno della Commemorazione de’ Defunti) per gli 8 giorni seguenti, acquistando innumerabili Indulgenze concesse da più Pontefici per sollievo delle Povere Anime del Purgatorio. Di tanto gran nome, e stima fu San Gregorio, che fu eletto (benché contra sua regola) sommo Pontefice ; E per esser stato Monaco sempre si dimostrò amorevole dei Religiosi: in tanto che provedeva a tutte le Monache di Roma: ch’all’hora erano tre mila; Et hebbe a dire che per l’orationi d’Esse, Dio haveva ributtato il furore di Longobardi da Roma. Questo luogo doppo 100 anni la morte di San Gregorio restò del tutto abbandonato da suoi Monaci; Ma essendo assunto al governo della Chiesa Gregorio II Romano, e dello stesso Ordine di San Benedetto vi fece ritornare i suoi Monaci. Fu finalmente questa Badia data in Commenda, Non dimeno per memoria di San Gregorio molti Cardinali Abbati della medesima Chiesa non hanno mancato di ristorarla. Del primo luogo, che fu stanza o Cappella del Santo già ho detto di sopra. L’altro è unito alla Chiesa a man manca, dove sta un’Imagine dela Madonna, che si tiene parlasse a San Gregorio. E perciò l’anno 1600, il Cardinale Antonio Maria Salviati la volse honorare con una bella Cappella e per far piazza avanti la Chiesa, a cui per un stretto fesso bisognava salire, spianò una sua vigna, con grande ornamento della Chiesa e comodità del popolo che nella sodetta ottava de’ morti numerosissimo vi concorre. Il terzo luogo è presso della detta Imagine di Nostra Signora, dove per una lunga scala si descende ad una fontana, che nella vita di San Gregorio dal nome suo è detta Gregoriana, dalla quale uno havendo levato alcune tegole per servirsene in usi profani, fu con subetanea et aspra morte punito. Di questo sacro fonte essendosi persa la memoria, fu renovata dal Cardinale Cesare Baronio l’anno 1604 col vicino cimiterio; dove già molti per le 30 Messe di San Gregorio si eleggevano la sepoltura, come dimostrano le gran cataste d’ossa di morti ivi raccolte. Di più nella Chiesa accomodò meglio i quattro sopra nominati Altari; e sotto l’Altare maggiore ripose le Reliquie dei Santi tra li quali furono quattro segnalati Corpi: Il primo di San Pantaleone: Il secondo di Sant’Antonio; Il terzo di San Merulo; Et il quarto do San Monaco: tutti, eccetto il primo, Monaci, che vissero al tempo di San Gregorio in questo Monasterio, et Egli descrisse le loro Vite. Molte altre Reliquie de’ Santi in questa Veneranda Chiesa sono, il nome delle quali io sono ignaro.
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(Seguono 5 brevi capitoli in cui si parla delle Chiese dei Santi Giovanni e Paolo Martiri; di Santo Stefano Ritondo; di Santa Maria Imperatrice; di San Clemente Papa e Martire; dei Santi Quattro Coronati)
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Caminassimo poi alla Chiesa di San Clemente Papa e Martire. Fatto Pontefice consacrò il suo Palazzo in questa Chiesa. Egli fu il terzo Papa doppo San Pietro. Fu ordinato Vescovo dal medesimo San Pietro, e dichiarato suo Successore: bench’Egli per humiltà rinonciò prima tal dignità a’ Santi Lino e Cleto: e poi accettò San Clemente; Creato Sommo Pontefice ordinò, che per ogni due Rioni, o Contrade si chiamano, fosse deputato un Notaro, che diligentemente registrasse i detti e i fatti de’ Santi Martiri. Fu mandato in bando nell’Isola Cheronese da Traiano Imperadore: là dove fu accolto con somma allegrezza da migliaia di Christiani ivi condannati a tagliar marmi, come se fosse venuto un Angelo dal Cielo: et in due anni, che ivi stette, convertì quasi tutti que’ Idolatri alla nostra santa Fede. Il che saputo in Roma, fu comandato, che legatogli un’ancora al collo, fosse gettato in mare,
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(Segue la vita di San Clemente)
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Quivi anche stanno riposti li Corpi de’ Santi Methodio e Cirillo fratelli carnali. Gode parimente questa Chiesa il Capo di SantìIgnazio Vescovo e Martire: e si tiene, ch’Egli fosse quel Fanciullo, che chiamò Nostro Signore et abbracciando, si rivoltò a’ suoi discepoli, gli disse: Nisi conversi fueritis et efficiamini sicut parvuli, non intrabitis in Regnum Coelorum. Fatto poi grande hebbe San Giovanni per Maestro nelle cose della Fede: e San Pietro venendo a Roma lo consacrò Vescovo d’Antiochia, perché in luogo suo governasse quella Chiesa dando sì buon’esempio, che lo chiamarono Deifero e Christifero; perché sempre portava Dio e Christo nell’Anima sua. Stando all’hora Traiano in Antiochia, e vedendo li gran prodigi, che operava Sant’Ignazio, lo condannò ad esser divorato dalle fiere nell’Anfiteatro di Roma.
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(Segue la vita di Sant’Ignazio)
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Vi sta qui pure il Capo con alcune Reliquie di San Chrisostomo: el resto sta a San Pietro in Vaticano. Anche in questa Chiesa vi si ritrova il Capo d’un povero paralitico detto Servulo del quale racconta San Gregorio, che sotto un portico vicino stava con tanta pazienza, che meritò nel passare da questa vita all’altra, udire le voci che gl’Angeli, che l’invitarono alla felicità eterna del santo Paradiso: e dopo morte mai cessò il suo Corpo di spirare soavissimo odore, e fu sepolto in questa Chiesa; dove al suo nome fu dedicata una Cappella, dipinta con l’historia della sua vita; et ha fatto e fa molti miracoli. Havendo dunque San Clemente, com’ho detto, del suo Palazzo fatta la presente Chiesa, e postala tra que’ primi Titoli de’ Cardinali: bisogna che al tempo di San Silvestro, e Costantino havesse bisogno di qualche ristoro: e San Gregorio Papa del 600 l’honorò, sì con metterci la Statione il lunedì dopo la seconda Domenica di Quaresima: come anche per havervi due volte predicato sopra gli Evangelii: Minacciando poi ruina il tetto Adriano I del 772 lo rifece. Di nuovo sotto il Pontificato di Nicolò I l’anno 867 fu rifatto di nuovo, come da varie inscrittioni si raccoglie. Finalmente in questa Chiesa congregandosi il Clero Romano elesse Papa Pasquale II titolare di questa Chiesa l’anno 1099. Oltre i Corpi de’ sopranominati Santi qua sono singolarissime Reliquie di Nostro Signore. Una pietra tinta del sangue sparso nella Circoncisione: un bastone, con cui fu percosso, andando al Calvario: della Colonna: della Santa Croce: del Sudario: della Corona di spine: de’ Capelli: delle vesti che si partirono tra loro i soldati, che lo crocifissero: e della sua cinta. Sono anco molte altre Reliquie d’altri Santi nominati in altre Chiese qui di Roma, e per tanto di nuovo non li nomino solo che Sant’Ermagora, et Hermete. Qui pure vi sono di due sante Vergini e Martiri Epifania e Colomba.
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(Seguono due capitoli dove si parla della Chiesa dei Santi Pietro e Marcellino e di quella di San Matteo Apostolo).
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LI 15 del presente mese tutti li Padri, e Fratelli, che hanno potuto, uniti procesionalmente insieme col Christo avanti, ben composti, e mortificati, siamo portati alla Chiesa di San Lorenzo in Damaso dove l’Eminentissimo Signor Cardinal Ottobone in questo tempo di carnevale che si fanno tanti bagordi, e rilasationi, con (che questo è molto peggio) miserabili peccati; Detto Eminentissimo Signore ha ordinato, che in questa Titolare sua Chiesa s’esponga il Santissimo Sacramento, facendo le 40 hore, con Indulgenza Plenaria ad ogn’uno, che v’assiste, e preghi Sua Divina Maesta conforme l’intentione di Sua Santità. E per maggiormente allettare l’Anime di Fedeli, Sua Eminenza ha fatto fare col suo un bellissimo Apparato, et ornamento degno d’essere visto e contemplato da tutti, per esser molto maestoso: Non dico poi niente della quantità di lumi, e buona parte posti sopra bellissimi Candellieri d’Argento, ch’erano a centinaia e centinaia, per non dir migliaia di lumi; che appunto erano un mezzo termine di somministrare lumi all’Anime nostre di contemplare, et adorar insieme quel Divin Pane Eucaristico per via di fede; con speranza poi, mediante l’infinita Bontà e Misericordia del Nostro Caro Dio, di contemplarlo, et adorarlo al suo tempo, quando ad Esso Lui piacerà, a faccia a faccia nel suo Santo Paradiso. Siamo stati quivi circa un’hora e mezza, e ci ha parso molto breve il tempo, per esser stato speso in orationi vocali e mentali, come pure in sentire canti di Paradiso, cantando Angeli in carne alcuni Madrigaletti spirituali, che ci riempirono di celesti consolationi; infine poi fu recitato un sermoncino, molto ben composto dell’Amore infinito, che Iddio Humanato s’ha compiaciuto fare all’huomo ingrato nell’istitutione di questo Santissimo Sacramento per vero cibo, et alimento dell’Anime in questa val di lagrime di questa nostra vita mortale. Fornito che havessimo la nostra diretione, con la stessa compositione e mortificatione ritornassimo prima Iddio Benedetto, e poi il nostro Molto Reverendo Padre Superiore della gratia spirituale, che n’hanno fatto.
Avanti che dii fino a questo primo Libro di questo Viaggio da me fatto, col divin aiuto, di Roma, stimo bene dover dire qualche cosa anche della Chiesa di noi Religiosi Cappuccini; quale si chiama la Chiesa dell’Immacolata Concettione. Veramente dovevo descrivere la prima; perché infatti questa è stata la prima, ch’entrato in Roma col mio Compagno, ho visitata; Ma non credevo di descriver tanto, come ho scritto, con l’occasioni delle visite, che ho fatto sin hora presente di tante Chiese le cose particolari massime de’ Corpi santi e Reliquie con altre singolarità, che nelle medesime si ritrovano. Pertanto anche voglio succintamente dire qualche cosa della nostra Chiesa; La quale per esser stata fabricata dal Sommo Pontefice Urbano VIII insieme al Monasterio unito insieme, che poco più di 50 anni sono, vicino al suo Palazzo di Casa Barbarina in bellissimo sito et altura simile a quella del medesimo medesimo Palazzo: E dal nostro Monasterio benissimo si vede il Palazzo Monte Cavallo dove habita il Sommo Pontefice presente Innocenzo XII. Questa Chiesa per esser moderna, e fatta fabricare da un Papa, come pur’anche il Monasterio: l’una e l’altro ha fatto fare senza riguardo alla nostra povertà, ma bensì alla sua ricchezza; che perciò si dice, che haveva speso mezzo millione d’oro fra la Chiesa e il Monasterio. Questa nostra Chiesa è una delle Chiese di Roma; avanti la medesima è una bellissima e molto spatiosa piazza per la quale si va ascendendo per andare alle due valle, una a man dritta, e l’altra a man manca, che conducono ed entrare in Chiesa; in faccia alla porta della medesima sta fabricato un bel Vedere, con un assai lungo appoggio tanto quanto è la Facciata della Chiesa in guisa di mezza Luna, che domina tutta la Piazza, e quanto in essa si vede. Nell’entrar in Chiesa si vedono oltre l’Altar Maggiore 10 cappelle, 5 per parte. Nella seconda Cappella a man sinistra sotto l’Altare vi sta riposto il Corpo del nostro Beato Felice: la divotione del quale è tanto grande, che questa Cappella, che è pur grande, sta tutta coperta di Voti di varie sorti o di piccoli o di mezzani o di grandi; e non solo di quadri dipinti, ma anche ve ne sono d’oro e d’argento molti Voti: come pure in un’altra Cappella, che sta edificata nel Chiostro, dove sta situata la Celletta nella quale riposava il Beato Felice tutta coperta ed adornata de’ migliori de’ Voti; nella quale Celletta si dice Messa; et io per grande gratia, certo la tengo, doppo che son’arrivato qui nel nostro Monasterio di Roma sempre ogni giorno ho celebrato la santa Messa sopra questo Altarino della Celletta (come ho detto) dove stantiava e riposava il Beato Felice, che appena è longa, come pur larga, la longezza di un’huomo: e spero in Dio, e nell’affetto, che per lor gratia mi dimostrano questi qui nostri Padri Superiori in celebrarla anche per l’avvenire sino che starò qui in Roma. Il giorno della solennità del Beato Felice, che viene alli 18 di Maggio, incominciando alli primi Vesperi del giorno antecedente, sino non solamente al tramonto del Sole, ma anche sino quasi a mezza notte bisogna tenere la Chiesa aperta per la grandissima quantità di Gente et acquistare l’Indulgenza Plenaria: e non solo persone ordinarie: ma anche questi Principi e queste Principesse qui di Roma non si crede pure uno et una che non venga in tal solenne giorno a visitare la nostra Chiesa. E perché li nostri Religiosi spargono tutto l’Altare sta riposto (com’ho detto) il Corpo del Beato Felice, quantità di Rose (essendo il tempo appunto delle Rose): Quelle Principesse, Dame, Gentil donne et altre Persone dell’uno et altro sesso, se le prendono per grande divotione dette Rose, e ponendole sopra gli infermi con una fede viva e con invocare il santo Nome del Beato Felice, che gli aiuti, e liberi da mali, dolori, o infermità, che patirono, s’hanno visto, e se ne vedono giornalmente molt’infermi, che guariscono dalle loro infermità col portar adosso di queste benedette Rose: E m’hanno detto li nostri Padri, che per sodisfare a questa divotione, gl’è necessario ritrovare tre o quattro sacchi di Rose oltre quelle, che si trovano in Monasterio, se ne vogliono consolare tutti quanti quelli, e quelle, che m’adimandono, et in particolare le Principesse, e le gran Dame se le concede gratia di poter entrare nella Santa Cappella, e prendere da per se quante Rose le piaciono. Maggiormente poi l’esperimento molti infermi ottener la gratia della sanità con beneditioni, et ungerli coll’oglio che habbia illuminato l’Area, dove sta riposto il Corpo del Beato Felice; e molte gratie s’ottengono con simil beneditione. Et oncione per tutta la Religione Capuccina; come l’esperienza cotidianamente lo dimostra nel benedire, et ungere, che fanno gl’infermi li nostri Padri Sacerdoti, si quelli che vengono, o sono portati a’ nostri Monasterii, per esser appunto benedetti, et unti col sodetto Oglio del Beato Felice: o pure, che li nostri Padri chiamati da medesimi infermi a visitarli alle lor Case col desiderio d’essere benedetti, et unti col sodetto Oglio benedetto, si vedono, si può dire, innumerabili gratie: come da medesimi infermi risanati, con l’occasione di venire alle nostre Chiese per rendere le dovute gratie della ricuperata sanità primieramente a Dio, e poi al Beato Felice, ci portano le felice nuova della gratia ricevuta, d’haver ottenuta la perfetta salute. In questa nostra Chiesa vi sta riposto il Corpo di San Giustino Filosofo, e Martire sotto un’Altare in Choro. Come pure vi sono due Reliquie Insigni: cioè: Un braccio di San Tomaso d’Aquino Dottor Angelico: e di San Bonaventura Dottore Serafico. Urbano VIII ha honorato questa nostra Chiesa, i nomi delle quali non li nomino.
Il fine del primo libro
Indice delle Chiese che sin’hora presente ho visitato in Roma
San Pietro in Vaticano
San Pietro Montorio
Santa Maria della Roronda
San Silvestro
Vhiesa di Giesù
Santa Putentiana Vergine
Santa Maria Maggiore
Santa Prassede Vergine
San Giovanni Laterano
Scala Santa
Santa Croce in Gerusalemme
Santi Apostoli
Sant’Andrea della Vale
San Lorenzo in Damaso
San Bartolomeo Apostolo
Santa Susana Vergine e Martire
Santa Maria della Vittoria
Santa Maria degli Angeli
Santa Maria Ata Coeli
San Pietro in carcere
Santa Martina Vergine e Martire
Santi Cosmo e Damiano
Sant’Adriano Martire
Santa Francesca Romana
Santa Maria de’ Monti
Sant’Antonio Abbate
SantìAgostino
Santa Maria Trasportina
Santa Marta
Santa Maria sopra Minerva
Sant’Eustachio
Santa Maria in Vallicella
San Marco Evangelista
San Marcello Papa e Martire
Santa Maria in Via
Santa Maria del Popolo
Sant’Andrea a Monte Cavallo
Santa Maria in Trastevere
[1] Il copista ha evidentemente invertito le lettere di Torino.