Maria e l’Eucaristia nell’iconografia medievale

La Madonna e l’eucaristia: un percorso iconografico

6 aprile – 18 maggio 2025

Chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Valvasone (Pn)

Mostra promossa da:

Parrocchia del Corpo di Cristo di Valvasone

Centro culturale Augusto Del Noce

 

Maria e l’eucarestia scheda

Nella lunga e complessa storia dell’iconografia mariana si possono individuare due tipologie che si sviluppano sin dai primi secoli cristiani. La prima è quella di Maria lactans, ovvero di Maria che allatta Gesù, presente sin dai primi secoli cristiani in area Egizia e a Roma. La seconda tipologia si ritrova soprattutto a Costantinopoli, ed è quello di Maria Domene (orante), con il Bambino davanti a sé, detta anche Blachernitissa, perché presente nella chiesa delle Blacherne, costruita nel V secolo, per conservarvi la reliquia del manto della Madonna. In epoca post-bizantiniana tale icona fu denominata in russo Znamenie («Segno») e Platytera tou ouranou («più ampio del cielo») e assunse una particolare importanza per la capitale dell’Impero romano d’Oriente perché, assieme alla reliquia del velo, protesse la città dagli assedi degli Avari (626), degli Slavi (674), degli degli Arabi (717) e dei Bulgari (813). L’imperatore Maurizio (582-602) stabilì la celebrazione universale dell’Assunzione di Maria e da allora l’effigie della Vergine sostituì quella della statua pagana della Nike (Vittoria). L’immagine della Vergine con il Bambino davanti a sé si diffuse rapidamente anche in Occidente. Abbiamo così a Roma le icone della Salus Populi Romani, di datazione incerta, di Santa Maria Antiqua, del sec. VII, e della Madonna della Clemenza del sec. VIII. Si diffondono poi nella penisola italiana le varianti della Madonna Odigitria («che indica la strada»), dove Maria regge il Figlio con il braccio sinistro, mentre lo indica con la mano destra, e della Madonna della Misericordia, con il manto aperto. Un’altra variante della Madonna orante è quella di Maria con il Bambino rappresentato in un clipeo, dipinto davanti al grembo.

Nel 1340 Simone Martini dipinge ad Avignone una nuova immagine, quella della Madonna dell’umiltà, perché la Vergine è seduta sulla terra (humus). Questa icona sarà diffusa poco dopo in Veneto da Lorenzo Veneziano, che introdurrà sul petto della Vergine un sole, con un probabile significato eucaristico. Circa un secolo prima, nel 1264, c’era stato il miracolo di Bolsena, e subito dopo a promulgazione, da parte di papa Urbano IV, della bolla Transiturus de hoc mundo, che istituiva la festa del Corpus Domini. La devozione per il Corpo di Cristo aveva già avuto grande espressione nelle Fiandre e in particolare a Liegi, nel 1246, grazie a un movimento eucaristico suscitato dalle beghine, donne pie che conducevano una vita associativa anche se senza voti religiosi, tra le quali vanno ricordate Santa Giuliana y Mont-Cornillon ed Eva di Saint-Martin. Ma pochi anni dopo, a Bolsena, un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma per vincere i propri dubbi sul sacramento eucaristico, vide macchiarsi di sangue la particola durante la celebrazione della messa, come narra una cronaca del tempo: «Detto anno in la Chiesa di Santa Christina di Bolsena apparvi il miraculo del Corpus Domini et portato in Orvieto per il vescovo de la ciptà con solenne cirimonia posato in Sancta Maria Prisca, come al presente si vede». Papa Urbani IV incaricò subito Tommaso d’Aquino di scrivere i testi liturgici del Corpus Domini, che nel 1317 divenne festività per la Chiesa universale, per disposizione di papa Giovanni XXII. Probabilmente su impulso di Urbano IV si era sviluppata anche la simbologia del sole eucaristico, come testimoniato da un affresco trecentesco della chiesa di San Flaviano di Montefiascone e dal ciborio in pietra, che culmina con il volto del Redentore, antica testimonianza della nuova forma di custodia del Santissimo, ora esposto alla vista dei fedeli per l’adorazione.

Lorenzo Veneziano e la sua bottega crearono dunque una nuova icona, in cui la Madonna dell’Umiltà era anche Madonna del latte, con il Bambino che guarda se stesso dentro un sole o un clipeo che chiude il manto della Vergine. Uno dei primi esempi, attribuibile alla scuola del Veneziano, è costituito da un affresco della chiesa di Santa Maria degli Angeli di Pordenone, che si può datare alla metà del Trecento. Nell’affresco il Bambino si riflette in un vistoso fermaglio che chiude il manto della Madonna, dal quale si dipartono i raggi solari. Di Lorenzo Veneziano è la Madonna dell’Umiltà di Santa Maria Maggiore di Trieste, con un grande sole che splende su petto della Madre di Dio. Da esso si dipartono numerosi raggi, come del resto da tutta la figura della Vergine, coronata da una serie di Angeli. Una variante di tale icona si ha in Paolo Veneziano, che dipinge una Madonna con Bambino, conservata nella chiesa di San Pantalon a Venezia. In questo caso al posto del medaglione che chiude la veste della Vergine c’è una papavero, che prefigura il sacrificio di Cristo sulla croce. Il sole raggiante sul petto della Madonna ebbe grande diffusione in Centro Italia e a Roma, dove diventò la moderna raffigurazione dell’Immacolata, come nel caso della Madonna del Sole di Belvedere Ostrense, opera di Andrea di Bartolo da Jesi. Furono i predicatori del XV secolo a diffondere tale icona, in particola San Bernardino da Siena (1380-1444), il quale nel Sermo in Nativitate Dominae, in Conceptione et in aliis festis, paragona la Vergine Maria al sole che sorge e poi splende a 

San Bernardino utilizzò il simbolo del sole, con il trigramma IHS, perndicare l’eucarestia, probabilmente influenzato in questo da Caterina da Siena, che attribuisce a Dio le seguenti parole: « sia ministrato el sangue de l’umile e immaculato Agnello unigenito mio Figliuolo. A costoro ho dato a ministrare il Sole, dando lo’ el lume della scienzia e il caldo della divina caritá e il colore unito col caldo e col lume, cioè il Sangue e il Corpo del mio Figliuolo. El quale Corpo è uno sole, perché è una cosa con meco, vero Sole. E tanto è unito, che l’uno non si può separare da l’altro né tagliare, se non come il sole, che non si può dividere né il caldo suo da la luce né la luce dal suo colore, per la sua perfeczione de l’unione.». Nella chiesa di Santa Trìnita di Frienze, sopra la Cappella Sassetti, dipinta da Domenico Ghirlandaio, la Sibilla Tiburtina indica all’imperatore Ottaviano Augusto, il sole eucaristico, riprendendo così una antica profezia dei Libri Sibiliini sull’incarnazione di Gesù, che lo stesso Imperatore avrebbe letto. La simbologia del sole eucaristico confluì, a partire dal XVIII secolo, negli ostensori raggiati. Ne è un bell’esempio l’ostensorio in cui sono conservate le reliquie del più antico miracolo eucaristico, quello di Lanciano (Chieti), risalente al 750 circa. In quel caso, come a Bolsena, mentre un sacerdote bizantino celebrava la messa dubitando della presenza reale di Cristo nel sacramento, l’ostia divenne carne e il vino sangue.

Questa potrebbe sembrare una realtà simbolica che appartiene inesorabilmente a un lontano passato, ma non è così se si osserva quanto accaduto in Portogallo nel secolo scorso. A Fatima l’Eucaristia racchiude tutte le apparizioni della Madonna. Queste infatti sono precedute nel 1916 dalle apparizioni dell’Angelo della Pace che dona l’eucaristia nella specie del corpo di Cristo a Lucia e del sangue di Cristo a Giacinta Marto, insegnando loro una preghiera di adorazione eucaristica e riparazione dei peccati degli uomini, in particolare l’indifferenza al Santissimo Sacramento. Anche il miracolo del sole del 13 ottobre 1917, quando l’astro rotea e sembra cadere sulla gente, asciugandola dalla pioggia e poi ritirandosi, ha un chiaro riferimento simbolico all’Eucaristia. Le apparizioni della Madonna di Fatima continuano il 10 dicembre del 1925, nel convento di Santa Dorotea di Pontevedra in Spagna, ove Lucia riceve il compito di diffondere la devozione dei Primi Cinque Sabati, consistente nella confessione e comunione riparatrice dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria e nella recita del Santo Rosario. Questa compito fu confermato dall’apparizione del 13 giungo del 1929 nel convento di Tuy, in Spagna; in una visione durante l’adorazione notturna Lucia vide il sacrificio eucaristico come vissuto dalla Santissima Trinità e come partecipato dal cuore Immacolato di Maria.

Riguardo al rapporto tra la Madonna e l’Eucaristia ha scritto Giovanni Paolo II nella Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia : «In certo senso, Maria ha esercitato la sua fede eucaristica prima ancora che l’Eucaristia fosse istituita, per il fatto stesso di aver offerto il suo grembo verginale per l’incarnazione del Verbo di Dio. L’Eucaristia, mentre rinvia alla passione e alla risurrezione, si pone al tempo stesso in continuità con l’Incarnazione. Maria concepì nell’Annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il corpo e il sangue del Signore. 

C’è pertanto un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell’Angelo, e l’amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che Ella concepiva « per opera dello Spirito Santo » era il « Figlio di Dio » (cfr Lc 1,30–35). In continuità con la fede della Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l’intero suo essere umano- divino nei segni del pane e del vino»