Charles Péguy: 150 anni
150 ANNI DI PÉGUY: COSA BISOGNA PRENDERE SUL SERIO
Agostino Molteni
Universidad Católica de la Santísima Concepción, Concepción, Chile
150 anni fa, il 7 gennaio 1873, naceva Charles Péguy.
Non gli piacevano i discorsi e le cerimonie fatte per gli anniversari di nascita o di morte. Voleva ben altro, desiderava che tutti, cristiani e mori, ritornassero a prendere su serio il pensiero di Cristo come aveva fatto lui. “Ho sempre preso tutto sul serio”, diceva di sé stesso. Così aveva preso sul serio il pensiero di Gesù che gli aveva insegnato il Catechismo frequentato da bambino e le semplici preghiere cristiane. Ma per fare ciò, anzitutto, ha preso sul serio l’atto di pensare: “Il pensiero è una cosa seria” scriveva.
Nei discorsi fatti in occasione di questo suo anniversario da parte dei cristiani moderni, di quelli che lui chiamava gli “intellettuali della felicità”, si ripete sempre la stessa solfa: la grazia, la grazia, la grazia…; senza riconoscere che a lui la grazia dell’incontro con la fede cristiana è arrivata non come telecinesi, come energia o influsso inviati da lontano, dalla nube oscura del Mistero, ma alla fine di un lungo cammino di pensiero da lui stesso elaborato, passando attraverso il socialismo anarchico, il caso Dreyfus, la sua amicizia con gli ebrei, il suo matrimonio civile con una donna atea e altre vicissitudini. Perciò, per lui, la grazia è piuttosto l’incontro con-veniente tra il pensiero sano dell’uomo e il pensiero sano di Cristo. L’alternativa insana è rimuovere l’elaborazione e la collaborazione del pensiero dell’uomo, inibirlo, in modo da finire sottomessi all’influsso misterioso della grazia (protestantesimo). Perciò, e sia chiaro, la grazia del pensiero di Gesù non può incontrare insani psicopatologici naufragati nella “marea nera dell’occultismo” (Freud contro Jung).
Péguy diceva: “Aiutati (pensa!) e Dio ti aiuterà: questa è l’unica teologia, l’unica fede ortodossa, sana”. Non faceva che ripetere quello che aveva detto Gesù: Quid cogitatis?, “Che state pensando?” (Luca 5, 22). Perfino dalla croce diceva degli uomini: Non sciunt (non pensano) (Luca 23, 34).
Insomma, quello che ci insegna Peguy è che la grazia compie la natura (gratia perficit naturam), non la sostituisce, non la inibisce, anzi, la compie, la corona. Però la natura che la grazia perfeziona non è quella del senso religioso innato, ontologico nell’uomo, ma la natura del pensiero sano dell’uomo che è capax Dei, capace di pensare bene Dio anche dopo il peccato originale. E il pensiero non è innato, ma deve essere posto dall’uomo. Perciò, la grazia è il pensiero sano dell’uomo che incontra come con-veniente il pensiero sano di Gesù.
Già sant’Agostino diceva: Fides non cogitata nulla est, la fede che non è pensata è una nullità. Da quanti anni e secoli i cristiani non pensano la fede? E poi danno la colpa della secolarizzazione, meglio ancora, della scristianizzazione, ai pagani… Si badi bene: non si tratta in nessun modo di fare i teologi!