Mostra “Libertà va cercando, ch’è sì cara. Vigilando redimere”

La mostra è organizzata nell’ambito del progetto scolastico “Educazione alla condivisione e alla solidarietà”, in collaborazione con il “Centro Servizi Volontariato del Friuli Venezia Giulia”.

Viviamo in una società giustizialista. Chi sbaglia è dannato e quindi da emarginare. Ben diversa è la tradizione e l’esperienza cristianaC’è una possibilità, nella ferita dolorosa del riconoscimento dell’errore, di redenzione e di salvezza. Non a caso fin dall’inizio dell’era cristiana c’è stata un’attenzione profonda al mondo delle carceri: visitare i detenuti è una delle opere di misericordia corporale.
Così anche oggi, si scopre che chi sta espiando una pena può dare testimonianza della possibilità di libertà e di fede pur rimanendo dietro le sbarre. La mostra racconta, con diversi strumenti espressivi, questi fatti di vita nuova giungendo a porre interrogativi sul ruolo della detenzione nel nostro Paese rispetto a una funzione rieducativa costituzionale spesso disattesa, nonostante i ripetuti appelli degli ultimi pontefici.
Il principale intento della mostra è dunque quello di documentare che, paradossalmente, in un luogo dove tutto sembra finalizzato alla privazione della libertà, può nascere una domanda di verità di sé, inizio di un percorso di riconquista dell’umano. Proprio il riconoscimento dell’errore e la richiesta di Perdono agli uomini e a Dio è il principio di un cammino di redenzione.

“La bellezza è per entusiasmare al lavoro, il lavoro è per risorgere “: la famosa frase del poeta polacco C.K. Norwid, così caro a Giovanni Paolo II, sintetizza molto bene quanto emerso nell’incontro di presentazione della mostra “Libertà va cercando, ch’è sì cara. Vigilando redimere”, tenutosi nel Liceo “M. Grigoletti”, cui hanno partecipato Andrea Basso della Cooperativa “Giotto” di Padova, don Piergiorgio Rigolo, cappellano del carcere di Pordenone, e il prof. Mario Sartor, volontario nel carcere cittadino. “La risposta al problema carcerario italiano sta nella creazione di occasioni di lavoro vero. Solo così il detenuto trova un’alternativa valida alla disperazione o alla ricaduta nell’errore”, ha sostenuto Andrea Basso, fondatore della cooperativa padovana che dal 1981 opera con i detenuti del locale carcere di massima sicurezza, coinvolgendo attualmente circa cento detenuti su ottocento. Si tratta di un’esperienza pilota, in quanto in Italia su circa 66.000 carcerati sono meno di un migliaio quelli che svolgono un lavoro con contratti regolari e capacità di stare sul mercato. “Ma è importante – ha continuato Basso – che si tratti di lavoro vero, perché così chi ha sbagliato capisce di essere ancora utile alla famiglia e alla società e di avere un valore come persona, al di là del proprio errore”.

 

Don Rigolo e Mario Sartor hanno invece messo in evidenza le difficili condizioni di vita nel nostro carcere circondariale, posto nel cuore della città, ma spesso sentito come estraneo dai pordenonesi. Essi hanno anche sottolineato l’importanza dei rapporti umani allacciati con i carcerati, i quali vivono con grande sofferenza soprattutto le limitazioni nei contatti con i familiari. I ragazzi del Grigoletti e dell’ITI “J.F. Kennedy”, coinvolti nel progetto di educazione alla condivisione e alla solidarietà, promosso dal Centro culturale “Augusto Del Noce”, con il sostegno del Centro Servizi Volontariato, hanno ascoltato con attenzione, soprattutto l’invito rivolto loro, sempre da Basso, “ad andare fino in fondo nell’impegno con la propria umanità e con il proprio lavoro, condizione fondamentale per qualsiasi crescita umana e sociale”.