I beni del castello di Pordenone a Cordenons

Andrea Benedetti, lo storico della città di Pordenone, cercò invano di pubblicare importanti fonti inedite sulla storia cittadina prima di morire il 1 luglio 1978. Tra queste vi erano le Rendite del castello di Pordenone nel 1513, un fascicolo di trentasei carte, ritrovato nello spoglio di documenti nell’archivio dei conti di Montereale Mantica, ora consultabile nell’Archivio di Stato di Pordenone. Comprese da subito che il documento era «importantissimo per la toponomastica antica, per l’onomastica personale e delle famiglie e per le condizioni agricole del territorio pordenonese, contenendo nomi di località rurali, contrade e l’estensione dei poderi coltivati a sorgo, miglio, con pochi alberi e gelsi (morari), poche viti, composto invece in gran parte da prati e da qualche bosco».

Il quaderno con le rendite del 1513 erano stato compilato poco prima della conquista di Pordenone da parte di Bartolomeo d’Alviano, per conto della Repubblica di Venezia, ma Benedetti non aveva visto, sempre nell’archivio dei suoi parenti Montereale Mantica, da lui frequentato sin da giovane, un precedente elenco di rendite del 1419, compilato dalla cancelleria del castello di Pordenone, questa volta per conto degli Asburgo, che da tre secoli dominavano sull’area del Noncello. A questo si aggiunga una precedente ricognizione, del 1362, conservata nel Fondo Ragogna, ritrovata alcuni anni fa dallo storico Giordano Brunettin.

Da queste preziose testimonianze storiche ha preso le mosse la mostra “I beni del Castello di Pordenone a Cordenons. Documenti dall’Archivio di Stato, dal Museo Civico d’Arte e dal Fondo Argentin”, inaugurata virtualmente venerdì 19 marzo, al Cento culturale Aldo Moro, promossa dalla Città di Cordenons, dal Centro culturale Augusto Del Noce e dal Centro Studi Odoriciani, in collaborazione con il Comune di Pordenone e il Gruppo cordenonense del Ciavedal. La mostra, ideata e curata da Gino Argentin, Giordano Brunettin e Roberto Castenetto, e curata graficamente da Laura Guaianuzzi, è arricchita da numerose immagini del Catastico Ottoboni, redatto nel 1762 e conservato nel Museo Civico d’Arte di Pordenone; catastico in cui si ritrovano buona parte dei beni censiti nel 1362, nel 1419 e nel 1513, perché la potente famiglia veneta degli Ottoboni, a fine Cinquecento, acquistò dalla Repubblica di Venezia il diritto di esigere i censi degli stessi, per 26000 ducati, con una rendita annuale di 1500 ducati. Dal Fondo Argentin poi proviene una serie di ulteriori rodolazioni, perticazioni e catastici dal Cinquecento al Settecento, che permettono di avere una continuità di documentazione difficilmente riscontrabile in altri casi della Regione.

Ma non è finita qui. Un provvidenziale quaderno del Fondo Argentin, degli inizi dell’Ottocento, in cui sono riportate le particelle catastali dei terreni e delle case da cui gli Ottoboni esigevano un affitto, ci permette di riconoscere nella mappa napoleonica del 1808 e in quella austriaca del 1831, la posizione attuale dei beni del Castello di Pordenone, rendendo il tutto un vero caso di studio, per comprendere l’evoluzione del territorio distrettuale che avvolge Pordenone, da Rorai a Roveredo, San Quirino, Cordenons, Zoppola e Villanova.

La mostra riguarda specificamente l’area di Cordenons, dove era concentrata buona parte dei terreni, organizzati nella tipica forma del maso, con un cortivo, dove stavano i contadini e gli animali, e una serie di campi, prati e boscaglie sparsi. Ed è proprio a Cordenons che il caso di studio di cui si diceva si dimostra più fruttuoso, perché tali masi sono probabilmente la continuazione nel tempo della struttura agricola della più antica corte regia di Naone, che ha le sue origini in epoca longobarda e franca. Abbiamo così una continuità di insediamento, documentabile in alcuni casi fino al dettaglio delle singole abitazioni, degli orti e dei bearzi ad esse contigui, di oltre mille anni. Si tratterà ora di allargare e approfondire il caso di studio, di pubblicare tutti i documenti, come avrebbe voluto fare Benedetti, e di costruire una sintesi storica su di un’area che si sta dimostrando sempre più interessante e ricca di memorie, nonostante le devastazioni edilizie e documentarie del recente passato.

1- Ipotesi ricostruttiva del castello di Pordenone nel XVI secolo (disegno di Laura Guaianuzzi).

2- Ricostruzione ideale del curtivus di un maso cinquecentesco di Cordenons (disegno di Laura Guaianuzzi).

Pannelli presenti in mostra